Profili umani

Normalità e anomalia di Riace

Cominciò Badolato, un paesino della costa ionica della Calabria, ad accogliere nel 1998 nelle proprie case, svuotate da una massiccia emigrazione, i profughi kurdi arrivati con la nave Ararat. Sostenuta da varie associazioni – tra cui il CRIC di Reggio Calabria, Senza Confine del caro e indimenticabile Dino Frisullo – questa nuova esperienza di accoglienza si esaurì nel giro di pochi anni perché mancava un appoggio locale.

Ma l’esempio fu contagioso e infatti di lì a poco un’esperienza analoga si verificò nella vicina Riace ad opera questa volta di un’associazione presente nella realtà locale, l’associazione Città Futura, giovani donne e uomini di Riace, tra cui Pina e Domenico (il quale dal 2004 diventerà sindaco per 3 legislature), che, oltre che essere animati/e da un generoso internazionalismo, volevano scommettere su un riscatto di quei luoghi, attraversati dall’emigrazione e dal latifondismo agrario, minacciati e snaturati dalla speculazione edilizia delle coste, terreno fertile per la criminalità organizzata (siamo nella Locride!), immaginando un futuro per le nuove generazioni, diverso dall’abbandono , dalla fuga e dalla rassegnazione.

Fu dunque “normale” , oltre che casuale, accogliere in paese i profughi kurdi provenienti dall’Iraq e dalla Turchia: era un popolo in fuga da guerre e violenze che incontrava un altro paese con le case vuote e andava a riempire questi spazi. Ma era anche la possibilità per un luogo di periferia per uscire dalla marginalità, riqualificarsi e soprattutto ricreare una nuova comunità aperta, ospitale, multietnica in continuità con la atavica cultura popolare. E così grazie alla partecipazione dei/lle cittadini/e di Riace e soprattutto alla disponibilità dei proprietari delle case vuote dei tanti emigrati , il modello Riace comincia a prendere forma. In questi anni migliaia di richiedenti asilo, e non solo, sono stati accolti a Riace , prima in modo più spontaneo con il sostegno di varie associazioni italiane e straniere e del turismo responsabile, poi dal 2001 con il PNA (Piano Nazionale Accoglienza) e gli SPRAR in modo più organizzato e sostenuto economicamente.

Certo non sono mancate difficoltà o criticità, ma senza dubbio in questi anni il paese è rinato, si è ripopolato, tanto da far riaprire la scuola elementare che era stata chiusa per mancanza di alunni/e, si è colorato e abbellito di murales, disegni, fontane; sono sorti laboratori di tessuti, vetro, ceramica gestiti da migranti, fattorie didattiche, un parco giochi, un anfiteatro arcobaleno, una mediateca ed altri spazi comuni. La presenza dei migranti è diventata un’opportunità, una risorsa, con ricadute positive sull’economia locale: nel progetto lavorano decine di operatori , botteghe e bar del paese si sono rivitalizzati. Cresce intorno a Riace una rete di solidarietà nazionale (importante il sostegno della Rete dei Comuni Solidali – RECOSOL) e internazionale (Riace ha ispirato “Il Volo” di Wim Wenders, è stata la tappa finale dei/lle 300 attivisti/e della Caravana spagnola Abriendo Fronteras a conclusione del giro in Sicilia a luglio, ha ospitato tante personalità di rilievo tra cui Ada Colau).

Ma nel clima xenofobo e razzista che si respira sempre più nel nostro Paese, questo modello di accoglienza “normale”diventa una “anomalia”. Riace fa paura perché dimostra che un’altra accoglienza – diversa da ciò che accade nella maggior parte dei “centri di accoglienza” lager e nei CAS sparsi per l’Italia – è possibile. Un’accoglienza che mette le persone e i loro diritti sopra e prima di tutto, che non sa dire di no a chi chiede aiuto, oltre le regole cartacee della burocrazia. A Riace puoi vedere le vecchiette del paese giocare con i tanti bambini delle più diverse provenienze, le donne possono serenamente crescere i loro figli e non sono costrette a prostituirsi e gli uomini contribuiscono alla manutenzione del paese perché il centro di accoglienza è il paese tutto, nei carretti degli asini che fanno la raccolta differenziata dei rifiuti c’è scritto:  Io spingo, non respingo”. Il suo esempio si è diffuso in altre 40 realtà calabresi, in Sicilia, in Piemonte. Un esempio contagioso che molti vogliono cancellare. Il progetto rischia infatti di implodere perché da quasi 2 anni non riceve i fondi dal governo che pur ha continuato a mandarvi migranti, più volte è stata staccata la luce nelle case, gli operatori sono senza stipendio da mesi, sono aumentati i debiti con le botteghe, è quasi un miracolo tirare avanti. Per protesta il sindaco Lucano insieme ad altri/e ha iniziato uno sciopero della fame che proseguirà a staffetta se la situazione non si sblocca.

Nel frattempo per far fronte alle urgenze, RECOSOL ha promosso una sottoscrizione a favore di Riace. Invito le sedi Cobas che ancora non lo hanno fatto e le singole persone a sostenere quella che Domenico Lucano chiama “Una sperimentazione che tiene conto del profilo umano. Semplicemente”, facendo un bonifico intestato a RECOSOL, IBAN: IT92R05001801000000000179515, Causale: Riace.