photo credits: Oiluj Samall Zeid
È finalmente giunta a una positiva conclusione la vicenda di una nostra collega brindisina che era stata catapultata in una scuola veneziana dal “confuso” algoritmo ministeriale durante la mobilità coatta dello scorso anno. Il Tribunale di Venezia ha infatti confermato la decisione presa in sede cautelare e ha accolto il nostro ricorso (Sent. 340/2017) condannando il MIUR “ad assegnare la ricorrente presso una delle sedi disponibili nell’ambito territoriale Puglia 0012 o, in via gradata, in altro ambito della Regione Puglia secondo criterio di vicinorietà alla residenza”.
Come in migliaia di altre analoghe situazioni, anche questa vicenda prende le mosse dagli errori e dalle storture prodotte dal famigerato e misterioso “algoritmo” ministeriale, che non è riuscito a governare la mobilità nazionale imposta dalla “Cattiva Scuola” renziana.
Infatti, nell’a.s. 2016/2017 migliaia di insegnanti che erano stati “stabilizzati” nel 2015 su posti vacanti nella propria regione di residenza, sono stati poi sparpagliati in maniera casuale lungo tutta la penisola secondo le catastrofiche modalità previste della legge n. 107/2015 che ha privilegiato l’ordine casuale della sede indicata nella domanda piuttosto che il principio del maggior punteggio.
Infatti, secondo questa sentenza veneziana, “non convince invece la tesi accolta da una parte della giurisprudenza di merito, e sostenuta in questa sede dalle amministrazioni scolastiche, secondo cui la previsione dell’allegato 1 imponeva (o era comunque compatibile con) il confronto tra prime preferenze (e poi tra seconde preferenze, poi terze preferenze e così via…) di ciascuno dei docenti, laddove in caso di prima (o seconda o terza ecc.) preferenza coincidente tra più di essi la scelta sarebbe stata condotta in relazione al diverso punteggio, operante dunque come criterio successivo ed eventuale: questa interpretazione del contratto non trova un aggancio normativo, … al contrario, il CCNL impone di effettuare graduatorie relative alle preferenze e tali paiono da intendere tutti gli ambiti territoriali indicati nella domanda, a prescindere dalla loro collocazione (anche l’ambito territoriale posto in 3^, o 15^, o 45^ posizione è una “preferenza” del docente), e del resto tale interpretazione sembra porsi in irrimediabile contrasto con la previsione secondo cui non solo “per ciascuna delle operazioni l’ordine di graduatoria degli aspiranti è determinato, per ciascuna preferenza, sulla base degli elementi di cui alla tabella di valutazione dei titoli allegata al presente contratto”, bensì “L’ordine in cui vengono esaminate le richieste è dato dal più alto punteggio”.
Infine, la sentenza conferma quanto abbiamo sempre sostenuto: “non si può del resto nascondere che operando nel modo qui contestato l’individuazione della sede di destinazione avverrebbe in modo sostanzialmente casuale, dipendendo fondamentalmente dall’ordine più o meno incautamente indicato dal docente all’atto della domanda, a danno di chi ha richiesto tra le prime preferenze ambiti territoriali maggiormente appetibili, in cui era più probabile il superamento da parte di docenti con punteggi maggiori, con violazione del principio di imparzialità di cui all’art. 97 Cost. fatto proprio dall’art. 28 DPR 487/94, in base al quale nei procedimenti concorsuali della PA va prioritariamente accontentato chi ha un punteggio maggiore. Un tanto, aggravato dalla circostanza che si trattava di mobilità obbligatoria riferita a sede per la quale è previsto il vincolo di permanenza triennale e su tutto il territorio nazionale, con il rischio (ben concreto, come si ricava dalla diffusione del contenzioso in oggetto) che docenti con punteggio più altro trovassero collocazione molto deteriore rispetto a docenti con punteggio più basso”.
Questo il risultato di un algoritmo, “ampolloso, ridondante e non orientato alla manutenibilità” secondo la perizia dei docenti de “La Sapienza” e “Tor Vergata” e che anche l’ex ministra Carrozza ha dichiarato di non apprezzare, che ha determinato l’allontanamento di decine di migliaia di insegnanti, quasi tutti meridionali, dalle loro famiglie, catapultandoli negli angoli più remoti d’Italia. Un pressapochismo del MIUR, avallato dalle OO.SS. firmatarie dei contratti sulla mobilità, che rischia di mettere contro docenti precari in attesa dell’agognata supplenza e docenti allontanati dalla propria residenza vittime dell’algoritmo ministeriale. Tutto questo mentre rimangono ancora liberi decine di migliaia di posti in “organico di fatto” e sul sostegno, occupati in questi anni scolastici perfino da docenti non specializzati! Basterebbe trasformare tutti questi posti da “organico di fatto” in “organico di diritto” e – finalmente – rendere possibile anche al sud la diffusione del tempo pieno, come avviene nelle regioni del nord Italia o ripristinare il tempo-scuola precedente alla “riforma” Gelmini (su cui i governi successivi non sono intervenuti), per consentire alle vittime dell’algoritmo di ritornare nelle proprie regioni e ai precari di avere una vera e dignitosa stabilizzazione.
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