photo credits: Jascha Huisman
Anche quest’anno nel seminario nazionale COBAS, svoltosi dal 12 al 13 luglio a Genazzano, uno dei gruppi di lavoro previsti è stato dedicato al CESP, che si conferma uno strumento centrale di ricerca, analisi e sviluppo delle tematiche che riguardano il mondo della scuola, ma che rivestono un’importanza sostanziale anche da un punto di vista sociale e politico. Degli oltre quaranta seminari/convegni svolti in quest’anno scolastico, circa la metà hanno riguardato approfondimenti relativi ai cambiamenti intervenuti nella scuola pubblica statale e nella funzione docente dall’introduzione dell’Autonomia scolastica alla cosiddetta “Buona scuola”, mentre l’altra metà ha riguardato le problematiche disegnate nei Laboratori scuola-società. Vista la preoccupante linea di intervento del governo sui migranti, il blocco della riforma della giustizia, l’attacco a quella che Salvini ha definito l’“assurda riforma che ha cancellato le strutture che curavano i malati psichiatrici”, l’omofobia strisciante e una vera e propria aggressione alle diversità, nella discussione maturata nei due giorni di seminario, è emersa la necessità di potenziare l’attività seminariale dei Laboratori scuola-società, pur accogliendo l’esigenza di svolgere anche seminari di altro genere (Riforma dell’istruzione professionale, Approfondimenti sul Consiglio di istituto e bilancio, Scuola delle competenze e Invalsi, Alternanza scuola-lavoro).
Disagio psichico
Nelle due giornate ci si è soffermati ad analizzare la struttura e i contenuti dei Laboratori svolti in questi ultimi due anni, a cominciare dal laboratorio su “Disagio psichiatrizzato: medicalizzazione e trattamento chimico degli studenti. La scuola di fronte a BES, DSA, ADHD”. Nei mesi di gennaio e febbraio 2018, a Roma, CESP e Telefono Viola hanno svolto incontri settimanali durante i quali sono state prese in esame le complesse problematiche relative ai BES, in tutte le varie articolazioni, e la generale tendenza alla medicalizzazione delle difficoltà di apprendimento. Nel corso degli incontri si sono esaminati e approfonditi le normative di riferimento, le modalità di gestione delle classi, le esperienze di studi di caso per l’attivazione di una didattica inclusiva. Gli incontri seminariali si sono conclusi con una giornata finale di approfondimento, nel corso della quale, ripercorrendo l’iter che ha portato all’abolizione dei manicomi, alla luce della pratica e degli atti compiuti da Giorgio Antonucci (dall’esperienza di Cividale del Friuli, alla liberazione nel 1972 delle donne “agitate”, segregate nel del manicomio di Imola) è stato fatto un bilancio, nel complesso molto negativo, su quei residui manicomiali ancora oggi massicciamente presenti e sulla colpevole mancanza di tutela giuridica per i cosiddetti “malati mentali”, che continuano ad essere reclusi, legati e sedati.
CESP, Telefono Viola e Centro di Relazioni Umane hanno costituito l’Osservatorio Giorgio Antonucci contro il TSO, per monitorare alcuni territori giudicati “sensibili” per le condizioni in cui si attuano i Trattamenti Sanitari Obbligatori (TSO). Per questo primo anno si è aperto un focus sulla regione Marche e, in particolare, sul territorio di Ancona, dove sono state registrate anomalie nel ricorso al TSO e nella pratica della contenzione. Anomalie confermate dalla Relazione annuale del Garante Nazionale delle persone detenute o private della libertà personale, presentata a giugno scorso, nella quale si segnala che a fronte dell’1,77% nazionale di persone sottoposte a TSO, le Marche segnano un preoccupante 5,67%.
Su questi temi, il CESP prevede per l’a. s. 2018/19 lo svolgimento di tre seminari: uno a Pisa, un altro proprio nell’ex manicomio di Imola e un terzo a Teramo, dove ha sede il più grande manicomio dell’Italia del centro-sud.
Scuola in carcere
Il secondo laboratorio preso in esame è stato “Carcere, istruzione, meccanismi reclusori e laboratori formativi interattivi”, con il quale il CESP ha strutturato la Rete delle scuole ristrette, creando uno specifico format di intervento, basato su tre cicli formativi e la diffusione di Laboratori didattici imperniati su due elementi centrali: il teatro e la biblioteca. I cicli formativi comprendono ogni anno corsi e seminari di aggiornamento e formazione (svolti in contesto carcerario), aperto ai docenti, al personale delle istituzioni penitenziarie e ai detenuti, i cui interventi sono sempre di particolare interesse. Lo stesso principio partecipativo si ritrova nei laboratori didattici proposti a livello nazionale dalla Rete, sia quelli sul teatro che quelli sulla biblioteca e la lettura in carcere. Il teatro, con la realizzazione dell’Audio (video) libro sul Pentamerone di Giambattista Basile “Lo Cunto dei ristretti”, ha coinvolto circa diciotto istituzioni penitenziarie e scolastiche e trecento detenuti ed ha dimostrato, ancora una volta, di essere un importante elemento nel contribuire alla realizzazione della personalità del detenuto e alla sua risocializzazione. Per questo motivo il rapporto con le potenzialità educative e inclusive del Teatro in Carcere è stato ulteriormente approfondito, anche attraverso la presenza di esperti, di livello nazionale e internazionale, per la promozione di nuovi modelli di formazione nei penitenziari. Il linguaggio teatrale, con le sue differenti pratiche sceniche, si rivela, infatti, uno strumento privilegiato di intervento pedagogico e formativo. Accanto al teatro, il lavoro svolto in questi anni dal CESP con la Cattedra di Bibliografia e Biblioteconomia dell’Università Roma TRE e il Centro per il Libro e la Lettura, ha inequivocabilmente dimostrato come la centralità della lettura nelle carceri, l’uso della Biblioteca quale laboratorio formativo interattivo e luogo della relazione, permettano di rendere le conoscenze acquisite, abilità spendibili all’esterno. L’esperienza maturata nel Corso di Biblioteconomia e bibliografia, svolto a Roma, nel carecre di Rebibbia, è stata anche oggetto di una Tesi universitaria.
Rom e sinti
Molto importante è apparso anche il laboratorio “Immigrazione: la guerra e l’”esodo” migrante. Le minoranze etniche: I ROM – Percorsi di scolarizzazione e coazione con alunni Rom”. Il seminario di studi (tenutosi a Bologna il 3 febbraio) è stato corredato da una interessante mostra fotografica “Porrajmos: lo sterminio dimenticato degli zingari”, inserita in una serie di attività interculturali contro stigma, pregiudizio, indifferenza o paure del “diverso”. Infatti, come ha spiegato nel suo intervento Dimitris Argiropoulos, Docente di Pedagogia speciale ed Educazione Interculturale dell’Università di Parma, “I rom in situazione abitativa di campo ‘nomadi’ vivono una speciale condizione di apartheid e la loro condizione umana è sminuita nonché segnata dalla separazione, dalla descrizione negativa, dalle discriminazioni, dall’isolamento e dall’estrema povertà economica e relazionale. Questa popolazione affronta il paradosso, l’ossimoro, di considerare un messaggio altamente contraddittorio: è ‘invitata’ dalle istituzioni, centrali e/o locali ma anche attraverso leggi, regolamenti, […] ad abitare nei campi e nello stesso tempo e dalle stesse istituzioni, è ‘invitata’ ad inviare i loro figli e figlie alla scuola impostata sul modello inclusivo […] All’esclusione abitativa e di vita si contrappone l’inclusione scolastica. Di conseguenza i rapporti con la scuola presentano una certa criticità costituita da abbandoni, conflitti, malintesi, avversità, che si estende agli apprendimenti disegnati e vissuti come difficili e talvolta impossibili, di fatto a-storici, non contestualizzati, costrittivi, che cristallizzano, oggettivandone la presunta ineducabilità, gli alunni/e rom. Il seminario è stato assunto dal gruppo di lavoro come uno tra i seminari da esportare in più regioni, a partire dalla mostra itinerante sul porrajmos (lo sterminio di rom e sinti attuato dai nazisti), con l’obiettivo di costruire possibili percorsi didattici ed educativi volti, sia a decostruire gli stereotipi nei confronti delle minoranze “zingare”, sia a suggerire proposte di interventi didattici che possano davvero favorire il successo formativo di questi alunni e alunne.
Contro l’omotransfobia
Grande rilievo ha avuto anche il laboratorio su “Omofobia nelle scuole e nella società” al quale si è deciso di unire anche la questione di genere e, in particolare, la violenza sulle donne. Sia Trieste che Bologna, nei due seminari tenuti ad aprile e intitolati “ Che genere di scuola? Educazioni differenti per una società plurale”, hanno iniziato un percorso di formazione nel quale sono stati analizzati i comportamenti che producono o riproducono le forme di discriminazione nella scuola e che fanno di ogni persona il potenziale portatore di un pregiudizio omotransfobico. Molto importante, nell’esperienza maturata, è stato comprendere come prevenire comportamenti che producono o riproducono pregiudizi sessisti e omotransfobici in tutti gli ordini di scuola, sviluppando la capacità degli/delle insegnanti di riconoscere e decostruire stereotipi e pregiudizi rispetto all’identità di genere e all’orientamento sessuale, all’interno della propria didattica curricolare. Contro i seminari CESP si sono schierati i genitori dell’autobus arancione, che girano l’Italia con lo slogan “I maschi sono maschi, le femmine sono femmine. La natura non si sceglie”, che si sono scagliati contro i progetti delle scuole rivolti alla prevenzione e al contrasto dell’omotransfobia e delle discriminazioni e che hanno influenzato le linee guida del MIUR, nelle quali si promuove un’educazione basata sulla differenza uomo-maschio/donna-femmina, quale fondamento “dell’intero orizzonte esistenziale” di ciascun individuo e si ribadisce l’attribuzione ai genitori del potere di veto e di intervento sui contenuti della didattica. A Trieste sono scesi in campo anche i rappresentanti di Forza Nuova, che si sono dichiarati pronti a scendere in piazza con una mobilitazione tesa a rintuzzare l’omologazione transgender. Il tentativo, portato avanti sin dentro la sala del convegno, è stato, ovviamente, tacitato dalla qualità degli interventi e dalla competenza dei relatori.
Gli altri laboratori
Se questi sono stati i Laboratori scuola-società più sviluppati, non sono mancati interventi relativi agli altri laboratori “Questioni ambientali: trattamento dei rifiuti, trivellazioni, inceneritori, acqua pubblica”, “Demilitarizzazione e neomilitarizzazione”, per i quali, è stato messo in evidenza, occorrerebbe impostare un lavoro specifico con le singole scuole, lavorando con i colleghi e con le associazioni di quartiere, portando fuori e dentro la scuola, ambiente, acqua, architettura e urbanistica, con una modalità operativa che renda la scuola presidio culturale sul territorio.
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