L’attività svolta quest’anno dal CESP, in collaborazione con il Telefono Viola, nel Laboratorio sul disagio psichiatrizzato nella scuola e nella società, svoltosi a Roma dall’11 gennaio al 24 febbraio, con cadenza settimanale e convegno conclusivo, ha costituito l’inizio di un’attività che è continuata nel corso dell’anno ed è stata caratterizzata dall’assunzione piena di una questione psichiatrica esistente in Italia (e non solo), che investe le aule scolastiche attraverso una precoce medicalizzazione degli studenti non conformi, mette radici nelle aree della marginalità e delle devianze sociali, ma riguarda, potenzialmente e trasversalmente, tutti.
Se nel laboratorio del seminario sono state declinate tutte le tematiche relative ai Bisogni educativi speciali (BES e Disturbi Specifici dell’apprendimento- BES e Sindrome da iperattività e deficit dell’attenzione- BES e Svantaggio socio-economico) con il relativo corollario di analisi dei manuali diagnostici: DSM –Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders- e ICD – International Classification of Diseases – che costituiscono i manuali base per elencare i disordini mentali di cui soffrono gli umani (ivi compresi i bambini e gli adolescenti) ed etichettare coloro che ne sono “affetti”, il Convegno è stato un momento di approfondimento sull’iter che ha portato all’abolizione dei manicomi e sulla attuale situazione dei residui manicomiali.
Proprio nei quarant’anni dell’approvazione della cosiddetta Legge Basaglia, sono stati riportati alla luce la pratica e gli atti concretamente compiuti da Giorgio Antonucci, fondatore del Telefono Viola (che slegava, insieme a Cotti e Basaglia, i degenti ma che, “oltre” Basaglia, ha sempre sostenuto che “ Il manicomio non è solo un edificio, è un criterio. Fintanto che lo Stato si potrà permettere di sequestrare un cittadino per il suo pensiero, i manicomi saranno dappertutto”), dall’esperienza di Cividale del Friuli, alla liberazione delle donne “agitate”, segregate nel reparto 14 del manicomio l’Osservanza, di Imola, nel 1972, ed è stato fatto un bilancio, nel complesso molto negativo, su quei residui manicomiali ancora oggi massicciamente presenti, costituiti dai Trattamenti Sanitari Obbligatori (TSO) e sulla colpevole mancanza di tutela giuridica nei confronti dei cosiddetti “malati mentali”, che continuano ad essere reclusi, legati, sedati.
In realtà Antonucci evidenziava, già prima che fosse approvata la legge 180, i limiti di un’azione tesa ad abolire i manicomi, senza preoccuparsi di demolire il vero elemento su cui si basa il potere psichiatrico, “l’arresto psichiatrico”. D’altra parte lo diceva già Foucault quando, inquadrando gli spostamenti da lui stesso operati, nel Corso al Collegè de France del 1973, rispetto alla Storia della follia, sostiene che uno di questi spostamenti riguarda proprio la nozione di istituzione, poiché la cosa essenziale non è tanto l’istituzione quanto piuttosto il potere psichiatrico che ne consente il funzionamento. “L’aspetto importante non è dunque costituito dalle regolarità istituzionali, bensì, e in misura molto maggiore, dalle disposizioni di potere, dalle correlazioni, dalle reti, dalle correnti, dagli scambi, dai punti di appoggio, dalle differenze di potenziale che caratterizzano una forma di potere [….] Detto in altri termini, prima di riferirci alle istituzioni, dobbiamo preoccuparci dei rapporti di forza sottesi alle disposizioni tattiche che attraversano le istituzioni”. Cioè a dire, se si elimina il manicomio, ma se ne lasciano intatti gli elementi costitutivi, l’istituzione manicomiale tende a riprodursi, con i suoi meccanismi, i suoi reticoli di potere, appoggi e rapporti di forze che lo riperpetuano eternamente ed è esattamente ciò che CESP e Telefono Viola hanno e stanno constatando.
Proprio per questi motivi è stato costituito (sia dal Telefono Viola che dal Centro di relazioni umane, da lui fondati) l’Osservatorio Giorgio Antonucci contro il TSO ed è stata avviata l’attività attraverso la quale monitorare alcuni territori giudicati “sensibili” per le condizioni in cui si attuano i TSO, aprendo un focus sulla regione Marche dove sono state registrate anomalie nel ricorso al TSO e nella pratica della contenzione. Proprio grazie ai riflettori accesi dal Telefono Viola e dal CESP sulle diffuse anomalie nei ricoveri di pazienti psichiatrizzati internati nelle strutture del territorio marchigiano, sono stati evidenziati alcuni casi di internamento che si configurano come un vero e proprio ripristino dell’uso dei manicomi.
Il primo risultato dell’attività di monitoraggio sul territorio marchigiano, oltre a quella di far emergere la terribile vicenda di Tarcisio Manna, recluso dallo scorso 11 agosto al 25 maggio (per nove mesi) presso strutture psichiatriche, pubbliche o private e, per 85 giorni internato, senza poter uscire né vedere i propri familiari (che gli procuravano agitazione, a giudizio dei medici), presso il reparto psichiatrico dell’ospedale di Fano, è stato quello di riuscire a “liberarlo” dopo aver convocato un sit- in sua difesa presso l’ospedale, il 25 maggio scorso.
Il paziente psichiatrizzato, è stato “liberato” in fretta e furia alle ore 20 del giorno precedente quello del sit-in, nel tentativo di fermare una mobilitazione con la quale si sono volute mettere in luce le pesanti violazioni di norme la cui inosservanza sta generando aberranti situazioni di vera e propria segregazione. Ma altri casi stanno mettendo in evidenza i drammatici abusi perpetrati nell’applicazione di una legge che ha già grossi limiti e responsabilità, ma che pone comunque dei paletti nell’uso dell’internamento dei pazienti psichiatrizzati. In questo contesto la figura dell’amministratore di sostegno, il quale dovrebbe avere una funzione di garanzia per la tutela del proprio amministrato, spesso dimostra di non essere in grado, in realtà, di svolgere tale ruolo; sempre più spesso, infatti, ricevuta delega dai giudici per intervenire anche nelle cure di chi è loro affidato, l’amministratore, invece di tutelarlo, diventa semplicemente corresponsabile nelle scelte di rinchiudere permanentemente i/le pazienti in quelle strutture, pubbliche o private, che si stanno trasformando nei nuovi manicomi post basagliani.
La complessità della situazione psichiatrica ha bisogno dunque di essere affrontata da più punti di vista, quello scolastico, quello sociale, quello di un dispositivo che diventa spesso puro esercizio di un potere fine a se stesso e che si autoalimenta, che trova alleanze strategiche e si sovrappone all’individuo, sino a sequestrarlo anche solo per il suo pensiero e tale complessità non può che essere affrontata mediante una molteplicità di interventi. Bisogna aumentare i momenti di incontro con i colleghi e le colleghe, che sempre più sono sopraffatti da figure esterne che si sovrappongono alla loro didattica, supportare le situazioni sociali di emarginazione anche attraverso l’intervento diretto sui territori e presso le strutture dove fisicamente sono “ristretti” senza motivazione i pazienti psichiatrizzati, fare un serio monitoraggio sulla gestione del trattamento sanitario obbligatorio e “volontario”, partendo da singoli territori, ed investendo in questo energie e professionalità.
Commenti recenti