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Il 4 dicembre appena passato si è svolto, in videoconferenza, il convegno nazionale di formazione I precari della scuola e l’importanza del “doppio canale”, organizzato dal CESP per offrire un momento di riflessione, approfondimento e dibattito sul precariato, una delle questioni maggiormente caratterizzanti, nonché perennemente irrisolte, della scuola italiana. Un’importante occasione di confronto che ha permesso ai/alle più di cento partecipanti di condividere esperienze e specificità e ha cercato di porre le basi per la ricomposizione di un discorso troppo spesso frammentato.
Durante il convegno i Cobas hanno presentato la propria proposta di intervento sul tema (vedi riquadro a pag. 17), elaborata al fine di affrontare il problema all’interno di una visione ampia e unificante, a partire da un assunto solo apparentemente banale: se è vero che il precariato nella scuola è un elemento strutturale del reclutamento degli insegnanti, allora è necessario prevedere un sistema di reclutamento degli insegnanti che tenga conto del precariato in modo strutturale. Per farlo non è possibile prescindere dal sistema del doppio canale, l’unico in grado di garantire sia la possibilità di entrare subito nella scuola in modo stabile a chi, magari appena laureato/a, vi si avvicina per la prima volta, sia il diritto all’assunzione a tempo indeterminato di chi nella scuola lavora già da anni e, ogni anno, ne permette il funzionamento con il suo lavoro da precario/a. Uno spazio specifico di trattazione ha trovato la questione del sostegno, ambito che versa in una situazione di incertezza e di instabilità senza paragoni.
Le relazioni
La giornata è stata introdotta da Giovanni Denaro (Esecutivo Nazionale dei Cobas Scuola) che, dopo aver fatto il punto sui numeri che caratterizzano attualmente il personale a tempo determinato (più del 20% dell’intero organico, senza considerare le supplenze brevi), ha lanciato un appello all’unità e alla mobilitazione, elementi che forse mai come in questo momento appaiono necessari per raggiungere risultati davvero efficaci e strutturali.
Subito dopo, le relazioni di Edoardo Recchi (CESP Bologna) e Mario Sanguinetti (CESP Roma) hanno fornito un breve excursus delle principali tappe del precariato nella storia della scuola italiana, puntando l’attenzione su come questo fenomeno sia stato troppo spesso caratterizzato e alimentato da provvedimenti estemporanei e transitori.
Del resto, una delle poche eccezioni in tal senso, la legge 417/1989 – che, attraverso l’istituzione del doppio canale, aveva provato a sistemare in modo complessivo l’interno sistema di reclutamento degli insegnanti, riconoscendo, di fatto, il diritto all’immissione in ruolo, previo conseguimento dell’abilitazione, a tutti/e i/le docenti che avessero accumulato due anni di servizio – ha visto fin da subito vanificati i suoi effetti dalla progressiva affermazione dell’ideologia neoliberista e da una conseguente e lunga stagione di tagli alla spesa sulla scuola pubblica.
È in questo contesto che si sono susseguiti i numerosi provvedimenti contraddittori e divisivi degli ultimi venti anni, tenuti insieme dalla logica dell’emergenza e dalla retorica del merito e volti a produrre una frammentazione sempre più ampia all’interno della categoria. È in questo contesto che la legge finanziaria del 2007 ha stabilito l’abolizione del doppio canale, una volta esaurite le GaE, come se il problema dei precari potesse risolversi cancellando il loro diritto all’assunzione a tempo indeterminato e provando a metterli gli uni contro gli altri. Ed è proprio tenendo presente questo contesto che sono stati individuati i principali punti della piattaforma Cobas; ad esempio, quello che, per la scuola secondaria, prevede l’abilitazione all’insegnamento come momento successivo all’assunzione a tempo indeterminato, in modo che la stessa cessi di essere un vero e proprio ostacolo per la stabilizzazione e diventi, invece, un’occasione di reale formazione dei docenti nel corso dell’anno di prova.
La relazione di Silvia Casali (insegnante precaria specializzata sul sostegno), a conclusione della prima parte, ha poi focalizzato l’attenzione sul sostegno, evidenziando come questo vero e proprio fiore all’occhiello della scuola italiana poggi attualmente su fondamenta estremamente fragili. L’impressione è che si inizi a considerarlo sempre più come un “a parte” rispetto all’insegnamento e il timore è che si voglia pian piano seguire la strada di iper-qualificazione e contemporanea diminuzione degli insegnanti specializzati indicata dalla Fondazione Agnelli. L’inclusione degli alunni e delle alunne disabili, infatti, oggi si regge sul lavoro di educatori ed educatrici sottopagati/e e privi/e di molti diritti sindacali e su quello di un corpo docente in gran parte precario, talvolta alle prime esperienze, che raramente trova negli istituti il supporto adeguato a gestire situazioni complesse e che non può nutrire grosse speranze di stabilizzazione. I percorsi di specializzazione e i concorsi, del resto, sono fortemente selettivi e vengono banditi per un numero di posti largamente inferiore al reale fabbisogno, anche perché non prendono in considerazione i cosiddetti posti in deroga, cioè più di un terzo del totale, molti dei quali, stando alle disposizioni della legge di bilancio, sono probabilmente destinati a scomparire. Pertanto, anche e soprattutto per il sostegno, urge l’istituzione di un doppio canale che da un lato permetta di stabilizzare coloro che hanno già conseguito la specializzazione e dall’altro sancisca, anche sui posti in deroga, l’assunzione e la successiva formazione di tutti/e coloro che hanno maturato tre anni di servizio.
Esperienze a confronto
Nella seconda parte della mattina gli interventi di Maria Grazia Carta (Diplomati/e Magistrale), Giulia Pezzella (Coordinamento Precari della Scuola Roma), Rosanna Cossu (CNPS Sardegna) e Alessandra Marconi (CNDP e CNPS Toscana) hanno riportato le esperienze di alcuni dei comitati di precari e precarie attualmente in lotta: la difficoltà di intercettare interlocutori politici e sindacali in buona fede unita al rischio di essere strumentalizzati; lo scarso interesse dei media e a volte la vera e propria censura nei confronti della tematica; la difficoltà nel conciliare le differenze e la parallela esigenza di iniziative unitarie; la delusione di fronte a manifestazioni poco partecipate e al tempo stesso la convinzione che la lotta sia l’unica cosa che paga. Queste ed altre considerazioni hanno offerto ulteriori spunti al dibattito che si è svolto subito dopo e si sono rivelate di fondamentale importanza anche per le attività dei tre gruppi di lavoro pomeridiani, ai quali più della metà dei presenti alla mattina ha deciso di partecipare per approfondire la discussione e confrontarsi in modo più specifico sugli argomenti trattati.
I gruppi di lavoro
Il gruppo che ha lavorato sulla situazione di infanzia e primaria ha messo in evidenza come in quest’ordine di scuola si vada sempre di più diffondendo il ricorso a personale non solo precario, ma addirittura privo del titolo di studio. Una vera e propria carenza di insegnanti che favorisce l’assegnazione delle supplenze a generici laureati e, in alcuni casi, addirittura a studenti. Totale quindi l’accordo del gruppo circa la proposta di sbloccare il numero chiuso di accesso alla laurea in Scienze della Formazione Primaria alzando notevolmente il contingente previsto per ogni anno di immatricolazione, nonché quella di una immediata assunzione per chi ha tre anni di servizio con esame finale al termine dell’anno di prova. Tra le altre proposte: ripristinare la modalità di valutazione dei docenti in anno di prova in vigore prima della legge 107/2015; istituire il Ruolo Unico docente, passo necessario per cancellare l’ingiustificata differenza stipendiale tra docenti dei diversi gradi del percorso unitario di istruzione; eliminare il blocco sulle attivazioni delle classi a Tempo Pieno consentendone la formazione certa in base alla richiesta delle famiglie; ridurre il numero di alunne/i nelle classi, portando a 18/20 il massimo consentito (15 in presenza di situazioni di diversabilità).
Quest’ultima proposta – che forse mai come oggi, in tempi di pandemia, dovrebbe essere al centro di una battaglia trasversale a tutti gli ordini di scuola – è emersa anche all’interno del gruppo di lavoro sulla scuola secondaria, il più numeroso. Questo gruppo ha espresso in modo unanime il proprio apprezzamento sia per la proposta di posticipare il momento della formazione/abilitazione rispetto a quello dell’assunzione a tempo indeterminato, sia per quella più generale del doppio canale, individuando, a tale proposito, due possibili modalità di istituzione del percorso da affiancare a quello del concorso ordinario:
1) trasformare le attuali graduatorie provinciali per le supplenze (GPS) in graduatorie provinciali permanenti (GPP), rendendole quindi valide sia per il conferimento delle supplenze sia per l’assunzione a tempo indeterminato di tutti i precari e le precarie con almeno tre anni scolastici di servizio nella scuola statale;
2) lasciare alle GPS la sola funzione legata al conferimento delle supplenze e creare, per l’assunzione a tempo indeterminato, una specifica graduatoria permanente cui potranno accedere, tramite concorso per titoli e servizi, tutti i precari e le precarie con almeno tre anni scolastici di servizio nella scuola statale.
All’interno del gruppo si è ragionato molto anche sulla necessità di rivedere la tabella dei titoli, di contrastare la frequente e spesso incoerente emanazione di provvedimenti con valore retroattivo, di denunciare le strutture private che “producono” e “vendono” punti per la scuola pubblica. E, più in generale, sull’opportunità di una lotta per l’equiparazione degli stipendi, la progressione di carriera, il riconoscimento economico delle ferie maturate e l’estensione della “Carta del docente” ai precari.
Il gruppo di lavoro sul sostegno ha visto la partecipazione di docenti appartenenti ai vari ordini di scuola, con esperienze e titoli di diverso tipo. Tutti/e hanno messo in evidenza il grande bisogno di formazione sulle tematiche della disabilità e dei bisogni educativi speciali che, forse mai come oggi, si registra nelle nostre scuole, sia per i docenti di sostegno sia per quelli curriculari, tra i quali, del resto, non sempre si riesce a creare una collaborazione costante ed efficace. Troppo spesso, inoltre, ci si trova a dovere sommare le proprie lacune formative con quelle organizzative di contesti dove a volte risulta difficile anche solo capire a chi chiedere un consiglio. Dalla discussione è emerso, infine, un giudizio molto critico nei confronti degli attuali percorsi di specializzazione pre-assunzione, caratterizzati da costi altissimi e organizzati in modo diverso da ateneo ad ateneo. Unanime, pertanto, l’accordo sulla necessità di richiedere una formazione più estesa, pagata dallo Stato e “compatibile con la vita” (che avvenga cioè in orario di lavoro).
L’inizio di un percorso?
Nella riunione plenaria svoltasi al termine di questa lunga e importante giornata, dove ogni gruppo ha condiviso le riflessioni emerse al proprio interno, ha preso corpo un’ultima proposta: quella di fissare altri momenti di incontro e confronto, al fine di approfondire la discussione, continuare a fare rete e individuare possibili iniziative unitarie. I presupposti, a nostro avviso, ci sono.
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