Marcia longa

Ex LSU e appalti storici: dopo la parziale internalizzazione, continua la lotta sui problemi irrisolti

Dallo scorso 1 marzo, circa 12.000 lavoratori ex LSU e appalti storici sono stati stabilizzati come collaboratori scolastici all’interno del sistema scolastico. Da sempre abbiamo sostenuto questo processo di internalizzazione dei servizi di pulizie, senza mai però cercare di negare le gravi problematiche che ancora gravano su questa consistente platea di lavoratori e lavoratrici. Riteniamo quindi necessario e importante cercare di fare il punto della situazione, alla luce evidentemente anche dello stravolgimento che ha inevitabilmente portato pure nel sistema scolastico lo scoppio e il protrarsi dell’emergenza sanitaria Covid-19. I nodi a nostro avviso tuttora aperti riguardo questa vicenda sono principalmente due.

  1. Innanzitutto il vero e proprio dramma sociale degli oltre 4.000 esclusi dal processo di internalizzazione. Com’è noto, il mancato accordo sui licenziamenti collettivi ha portato le aziende titolari degli appalti di pulizie conclusi il 29 febbraio scorso a porre i lavoratori esclusi in sospensione a zero ore: in sostanza ancora oggi 4.000 lavoratori e lavoratrici sono ostaggio delle cooperative e delle società di servizi, che cercano di usare queste migliaia di persone con un cinismo scandaloso come merce di scambio per ottenere evidentemente nuovi appalti statali dove reinserire eventualmente queste persone.
  2. L’altro nodo tuttora irrisolto riguarda i circa 4.500 lavoratori internalizzati con contratti part-time imposti a 18 ore settimanali. Infatti per riuscire a stabilizzare tutti i lavoratori in possesso dei requisiti necessari, nelle province dove i posti ATA accantonati erano in numero minore rispetto agli aventi diritto, è stato deciso di aumentare i posti disponibili ricorrendo al part-time. Soprattutto nel Sud Italia questo ha rappresentato una problematica di non poco conto: vi sono centinaia di collaboratori costretti a lavorare a decine di chilometri di distanza per uno stipendio di 600 euro mensili. Con un emendamento al DL Rilancio approvato poche settimane fa, si prevede la trasformazione dei part-time in full-time, ma solo fino al 31 dicembre 2020. Il governo sembra aver promesso di affrontare nuovamente la questione con la Legge di Bilancio 2020. In ogni caso non condividiamo i toni trionfalistici di alcuni sindacati e forze di governo per questa soluzione tampone che non dà alcuna garanzia ai lavoratori part-time per il loro futuro.

Le problematiche fin qui evidenziate, quella degli esclusi e quella relativa ai part-time imposti, devono essere a nostro avviso affrontate alla luce del contesto senza precedenti creato dalla pandemia di coronavirus che non ha fatto che acuire e mettere ancora più in luce le fragilità del sistema scolastico (e non solo evidentemente). Come denunciamo ormai da tempo, viste anche le necessarie misure che dovranno essere prese per la ripresa delle attività scolastiche in presenza (ingressi scaglionati, aperture pomeridiane ecc.), il personale ATA in forza è assolutamente insufficiente: sono almeno 21.000 i collaboratori scolastici che mancano all’appello per garantire un ritorno a scuola in sicurezza, considerando anche i numerosi pensionamenti che avranno luogo a settembre. È necessario quindi riuscire finalmente a capovolgere le politiche di austerity che hanno massacrato tutto il comparto pubblico negli ultimi anni e reinvestire nella scuola e non solo, partendo appunto dagli organici e dalle strutture.

Solo così sarà possibile garantire anche il full-time per i 4.500 lavoratori ad oggi con 18 ore settimanali e predisporre (come previsto dalla legge di stabilità 2019, anche se ad oggi tutto tace) il nuovo concorso per la stabilizzazione degli oltre 4.000 esclusi, mettendo a disposizione nuovi posti ATA oltre i famigerati 11.273 posti accantonati su cui si basava l’internalizzazione. Un piano straordinario di assunzione di personale ATA infine riuscirebbe anche a togliere finalmente dalla precarietà migliaia di ATA terza fascia. In conclusione appare evidente che per affrontare la situazione eccezionale che stiamo vivendo e al tempo stesso rendere giustizia ai 16.000 lavoratori e lavoratrici che per decenni sono stati i fantasmi della scuola, vittime del sistema perverso degli appalti al ribasso, sia necessario ripartire dal personale scolastico garantendo pari dignità a tutti lavoratori e un futuro lavorativo certo.