Grazie alla legge 107, moltissimi presidi hanno potuto concretizzare un sogno che tenevano da tempo nel cassetto: stabilire una gerarchia tra i docenti in base ad un supposto “merito”. Se fosse vero che lo scopo di questo meccanismo “meritocratico” è quello di individuare col “premio” in denaro insegnanti “modello” da cui tutti gli altri dovrebbe prendere esempio, ne conseguirebbe la necessità di conoscere con la massima trasparenza e pubblicità motivazioni e doti che li rendono così “esemplari”. Invece, l’esperienza insegna che spesso i dirigenti occultano le motivazioni, le cifre assegnate, i criteri usati e talvolta perfino i nomi dei premiati. Confermando, con questo atteggiamento, che il “premio” riesce soltanto a creare una “corte”, un “cerchio magico collaborazionista” disposto a sostenere ogni decisione del preside, discriminando coloro che non accettano le storture della 107 e il progressivo immiserimento materiale e culturale della scuola-azienda.
Ma recentemente questo velo di mistero è stato squarciato: prima il TAR e poi la Commissione per l’Accesso ai documenti amministrativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno accolto le richieste di alcuni colleghi che, dopo avere invano chiesto lumi ai loro dirigenti, avrebbero voluto sapere chi, come e con quale cifra fosse stato premiato nelle loro scuole.
Vediamo di cosa si tratta. Come è noto, i commi 127 e 128 dell’art. 1 della legge 107/2015 prevedono che il preside, sulla base dei criteri individuati dal comitato di valutazione, assegni annualmente ai docenti di ruolo un premio, che ha natura di “retribuzione accessoria”, sulla base di una “motivata valutazione” per valorizzarne il “merito” individuale.
Dalla lettura di questi commi, appare anche evidente che questo procedimento di “valorizzazione” riguarda tutto il personale docente di ruolo e che, quindi, nessun criterio stabilito nelle singole istituzioni scolastiche può modificare tale diritto, ad esempio limitandolo solo a coloro che dovessero produrre una specifica domanda.
Quindi, ogni singolo docente ha diritto di accedere a tutti gli atti che hanno determinato l’attribuzione del “premio” ai propri colleghi, come acclarato dalla Commissione per l’Accesso ai documenti amministrativi e dal TAR. In particolare, la prima specificando che “il docente ha diritto di accedere agli atti richiesti, relativi ad una procedura selettiva alla quale il medesimo ha partecipato, vantando un interesse endoprocedimentale all’accesso de quo, previsto e tutelato dal combinato disposto degli art. 7 e 10 della Legge 241/1990” (Presidenza del Consiglio dei Ministri DICA 21996/2017) e il secondo invece ordinando al preside “di consentire al ricorrente l’accesso agli atti e documenti” riguardanti la “documentazione relativa al procedimento di concessione del bonus, ivi compresi destinatari e importi” (TAR Lazio, Sez. III Bis, sent. n. 9176/2017).
Sulla base di queste decisioni, invitiamo tutti i docenti a promuovere una grande “operazione trasparenza” nelle scuole (trovate un modello di richiesta presso tutte le sedi Cobas), esigendo dai presidi tutta la documentazione relativa al sedicente “merito”, per dimostrare quanto sia ignobile questo meccanismo, da abolire al più presto, che sta fomentando una pseudo-competizione stracciona, catastrofica per la qualità delle scuole, della didattica e dei rapporti tra docenti e tra questi e gli studenti. A scuola è possibile sviluppare processi educativi positivi solo se si affermano, e si praticano, condivisione del lavoro e cooperazione e non lotta a coltello tra insegnanti, in nome peraltro (salvo per alcuni super-premiati) di pochi spiccioli.
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