L’attuale mobilitazione esplosa nelle scuole elementari e materne, a causa della grottesca sentenza del Consiglio di Stato riguardante i diplomi magistrali conseguiti fino al 2001, assume un carattere ancora più generale e complessivo perché rappresenta emblematicamente l’inaccettabile situazione nella quale ci hanno cacciato decenni di politiche scolastiche che i diversi governi hanno potuto portare avanti senza nessun reale contrasto dei sindacati cosiddetti “maggiormente rappresentativi”. La dimensione che ha questa specifica situazione (6.669 colleghi e colleghe già in ruolo e oltre 43.500 inseriti nelle graduatorie a esaurimento “con riserva”) dimostra senza tema di smentita che è lo Stato italiano, la Scuola italiana ad aver avuto bisogno di maestre e maestri che lavorano a 11 euro l’ora, così come ha avuto bisogno di tutto il precariato sfruttato da decenni nella Scuola.
Il successo dello sciopero e delle manifestazioni dello scorso 8 gennaio – dove maestre e maestri hanno risposto splendidamente all’arroganza di “consiglieri di Stato” che guadagnano oltre 10 volte più di loro, intenzionati a buttar fuori migliaia di docenti spremuti per anni come limoni e considerati fino ad ora abili a insegnare – ha costretto il MIUR a convocare anche noi per affrontare la questione dei diplomati magistrali.
Una grande mobilitazione che ha dimostrato anche al MIUR come i sindacati “monopolisti” non solo non rappresentano le migliaia di docenti che hanno lottato per ottenere quanto spettava loro di diritto, ma che neanche sono interessati ad una positiva risoluzione in materia.
Al MIUR sanno anche bene che l’ultima sentenza del Consiglio di Stato, smentendo se stesso dopo che per ben cinque volte aveva dato ragione ai diplomati magistrali, è una spudorata sentenza politica, come politica è stata negli ultimi decenni la volontà di tutti i governi di utilizzare massicciamente il precariato per risparmiare un buon 30% sulle spese di personale ed evitarne la ribellione frammentando la categoria in tanti sotto-gruppi messi cinicamente in conflitto tra loro.
Durante l’incontro, le dirigenti del MIUR ci hanno informato della richiesta di parere rivolta all’Avvocatura dello Stato e di una richiesta di ulteriori dati agli USR, in particolare sui numeri delle sentenze dei tribunali ordinari, che integreranno i dati già fornitici.
È chiaro che il MIUR, con la richiesta di parere all’Avvocatura dello Stato, che dovrebbe esprimersi entro marzo (sic!), sta prendendo tempo per due ragioni: intende passare la “patata bollente” al futuro governo e cerca di evitare il caos di fine anno ove si decidesse di applicare la “clausola risolutiva” e licenziare le migliaia di persone già assunte. Al ministero sanno bene che un’operazione del genere non solo non sarebbe accettata dalle famiglie, ma anche che gli Uffici territoriali scolastici non sarebbero in grado di gestirla, creando più caos dell’attuale.
Dal canto nostro, abbiamo sottolineato che tanti posti si renderanno disponibili per i pensionamenti nei prossimi anni (nell’a.s. 2018/19 +26% di uscite) e che gli stessi potrebbero aumentare sensibilmente se si estendesse il lavoro usurante (con la possibilità di anticipare la pensione) agli altri segmenti scolastici, come già disposto per le scuole dell’infanzia. È sotto gli occhi di tutti, che i prigionieri della riforma Fornero fuggono da una scuola-azienda che ha reso umilianti le condizioni di lavoro, la didattica, i rapporti con studenti e famiglie: e lo faranno nei prossimi anni ancora tutti coloro che potranno.
Abbiamo anche evidenziato le gravi conseguenze che a breve causerà il comma 131 dell’art. 1 della “Buona scuola” in relazione al divieto della prosecuzione dei contratti oltre i 36 mesi.
Per altro, considerando i dati ministeriali sulle GaE, è chiaro che se non si trova una soluzione che possa sanare l’attuale situazione il prossimo anno interi territori sarebbero privi di insegnanti, in particolare in alcune regioni del nord Italia. Ciò dimostra che non sono i precari a dover pietire per una loro giusta sistemazione, ma sono i governi, è lo Stato, è la Scuola ad avere un bisogno assoluto delle centinaia di migliaia di precari che vi operano da anni, in condizioni di lavoro sempre più pesanti e pagati poco e male. Lo Stato deve ringraziare i precari disposti a subentrare e conseguentemente finirla con l’imposizione del precariato a vita, stabilizzando definitivamente tutti gli abilitati che si sono guadagnati sul campo (da sempre la stragrande maggioranza dei docenti ha imparato a insegnare insegnando) il diritto e il dovere dell’insegnamento.
Quindi, sulla base delle volontà espresse durante le mobilitazioni e della necessità di proposte unificanti che evitino una ennesima “guerra tra poveri”, abbiamo presentato alla Ministra una piattaforma su tutto il precariato della scuola, dall’infanzia alla secondaria, basata sui seguenti punti:
1) mantenere i contratti a tempo indeterminato a chi è già in ruolo;
2) mantenere la posizione in base al punteggio acquisito a chi è già inserito nelle graduatorie a esaurimento, con relativo scioglimento della riserva;
3) riaprire le graduatorie a esaurimento, in tutti gli ordini di scuola, a chi ha un’abilitazione: diplomati magistrali con titolo conseguito entro l’a.s. 2001/2002, laureati in Scienze della Formazione Primaria Vecchio e Nuovo ordinamento, PAS, TFA, eccetera.
4) immettere in ruolo tutti i precari con 3 anni di servizio presso le scuole di ogni ordine e grado.
E tutto questo va ottenuto con una coraggiosa scelta politica: non è più tollerabile che i diritti di lavoratori e lavoratrici vengano decisi con sentenze contraddittorie e strumentali.
Occorre un decreto-legge che, oltre ad evitare intollerabili licenziamenti che paralizzerebbero la scuola dell’infanzia e primaria, sani definitivamente le profonde ingiustizie perpetrate in questi anni a danno di centinaia di migliaia di precari.
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