Mele di scarto

Pari diritti e compiti per i docenti dell'organico di potenziamento

I neoassunti nell'organico di potenziamento rischiano di svolgere un ruolo di insegnanti di serie B

Una delle scelte più importanti che i Collegi dei docenti e i Consigli d’istituto dovranno fare in occasione dell’elaborazione e dell’approvazione del PTOF riguarda il fabbisogno dell’organico dell’autonomia che va articolato in posti comuni, posti di sostegno e in posti per il potenziamento dell’offerta formativa.  In merito a questi ultimi le istituzioni scolastiche, in base al comma 7 della L. 107/15, devono scegliere gli obiettivi formativi prioritari nell’ambito di un elenco che ne prevede ben 17.

Molti di essi attengono alla didattica di regime con i vari progetti spesso dispersivi, con la frantumazione del gruppo classe, ma alcuni sono stati inseriti per abbellire e rendere più digeribile la legge: su di essi si può provare ad agire per provare a invertire la tendenza.
La nota Miur del 21.9.2015 ha, però, ridotto di fatto e in modo illegittimo il potere discrezionale delle scuole, in quanto le ha obbligate a indicare le priorità tra solo 7 o 6 campi di potenziamento, tra l’altro da indicare tutti. Per cui, essendo tali campi di potenziamento molto ampi, i docenti che sono arrivati alle scuole nella fase C del piano di assunzioni sono stati di fatto imposti senza un effettiva coerenza con il fabbisogno.

Ma il Collegio nell’elaborazione del Piano deve comunque scegliere gli obiettivi formativi prioritari e il conseguente uso di questi docenti. Il primo criterio di scelta è la pari dignità di tali colleghi che non devono essere usati come tappabuchi e, quindi, non per le supplenze, per le quali è opportuno continuare a nominare supplenti dalle GAE e dalle graduatorie d’istituto, dato che nonostante i proclami del Grande Imbonitore la supplentite è tutt’altro che scomparsa! La legge prevede che il DS può usare l’organico di potenziamento per le supplenze fino a 10 gg, ma non è obbligato e una chiara delibera del collegio, che preveda che tali docenti debbano essere usati per migliorare effettivamente la qualità della scuola, porrebbe un paletto alla discrezionalità del DS. Tra l’altro, la legge prevede addirittura la possibilità di usare per esempio per le supplenze alla primaria docenti delle medie e viceversa, come chiaro esempio della qualità della Buona scuola! Invece, gli obiettivi formativi da privilegiare sono, a titolo esemplificativo:

  •  riduzione del numero degli alunni per classe con riferimento alle classi più numerose dell’Istituto mediante classi articolate per alcune discipline (lett. n del comma 7);
  • potenziamento dell’insegnamento dell’italiano per studenti di cittadinanza o di lingua non italiana (lett. r);
  • potenziamento delle attività di recupero come forma di prevenzione e contrasto della dispersione scolastica (lett. l);
  • aumento delle ore di compresenze degli itp per le materie professionalizzanti al fine di potenziare “le metodologie laboratoriali e le attività di laboratorio” ( lett. i);
  • aumento della disponibilità di docenti di sostegno per “il potenziamento dell’inclusione scolastica e del diritto allo studio” dei diversamente abili;
  • ore opzionali per le materie eliminate o con orario drasticamente ridotto in seguito alla riforma Gelmini;
  • riduzione del numero degli alunni per classe con sezioni aggiuntive per la scuola primaria; reintroduzione degli ambiti disciplinari di fatto spesso eliminati per i docenti della primaria con la riforma Gelmini;
  • potenziamento delle ore di compresenza o di codocenza, in particolare alla primaria. Naturalmente si tratta di scelte che vanno declinate in relazione alle esigenze didattiche delle singole scuole.

Sempre nella direzione di superare lo steccato tra posti comuni e posti di potenziamento è possibile inserire nel PTOF una chiara indicazione sulla formazione delle cattedre per il prossimo anno scolastico. La legge finanziaria per il 2003 ha previsto per medie e superiori l’obbligo di portare le cattedre a 18 ore anche scindendo gli insegnamenti e/o in deroga ai decreti istitutivi. È evidentemente una norma mirante a risparmiare spesa pubblica per l’istruzione tagliando posti in organico. Ma una volta assegnato l’organico alle scuole è perfettamente legittimo prevedere “nel rispetto dei limiti di organico” di non saturare le cattedre a 18 ore nelle classi di concorso in cui vi è disponibilità di un docente del potenziamento, assegnando a quest’ultimo le classi residuali. Per esempio, la cattedra di Diritto ed Economia politica al triennio degli Istituti Tecnici Economici era tradizionalmente di 16 ore più due di disposizione, ma dal 2003 è stata portata a 18 ore con l’aggiunta di due ore di una classe prima o seconda. Al tempo stesso le cattedre del biennio erano formate da 4 bienni per un totale di 16 ore, ma dal 2003 è stata aggiunta sempre un’altra classe del biennio.

Questo modo di formare le classi spesso ha significato anche rinunciare alla continuità didattica o perlomeno alla stabilità dei docenti sulle varie sezioni. Ora, se vi un docente per questa classe di concorso in organico di potenziamento, si possono benissimo formare cattedre di 16 ore in entrambi i casi e assegnare le classi e le ore residue al docente del potenziamento. Il senso generale di queste proposte è anche quello di mantenere il rapporto con le classi per tutti i docenti. Nelle proposte ministeriali o anche dell’ANP vi è un continuo riferimento alla rottura del gruppo classe per creare gruppi di livello per il potenziamento o per il recupero. Ma vi sono due elementi di estremo rischio. Il primo è scivolare verso la logica delle classi differenziali: una classe funziona se vi è osmosi tra i diversi gruppi all’interno della classe, se si riesce a mettere in moto forme di didattica che prevedano il coinvolgimento degli studenti più capaci nella crescita generale della classe.I gruppi di livello, invece, se raggiungono il loro obiettivo, rischiano di far aumentare il range di differenziazione all’interno della classe e di rendere più difficile un’attività didattica omogenea una volta che si ricomponga la classe. L’altro elemento rischioso è che la rottura del rapporto con le classi per i docenti si inquadra in una generale trasformazione della professione che diventa sempre più flessibile con continui adattamenti a richieste mutevoli nel tempo e con una sostanziale rottura sia del rapporto con le discipline che con le classi. Ricordiamo che questo si aggiunge al carattere solo triennale degli incarichi e alla chiamata nominativa, che di fatto significano la rottura del rapporto stabile con una determinata scuola, con la creazione di quelli che possiamo chiamare con un ossimoro i “precari di ruolo”.

Provare a mettere sabbia tra le ruote o a invertire la tendenza diventa, quindi, essenziale.