Briglie sciolte

Come rispondere alla nota MIUR “Orientamenti per l’elaborazione del PTOF”

IL MIUR straparla di “piena autonomia” che le scuole “finalmente” potranno realizzare grazie alla L. 107. Bene.
E allora, siccome autonomia significa libera scelta, riprendiamoci i pieni poteri decisionali dei Collegi Docenti e dei Consigli di istituto, visto che la L. 107 niente ha cambiato in proposito. È lo stesso MIUR nella Nota 285 dell’11/12/2015 a parlare di “piena attuazione e pieno esercizio dell’autonomia scolastica” e a sottolineare che “l’Amministrazione non vuole imporre un format rigido di riferimento, che ‘ingabbi’ e limiti l’autonomia progettuale delle scuole”.

Leggiamo questi brani nei Collegi perché la Nota va considerata come un semplice “consiglio” e nessun preside potrà considerarla prescrittiva. Ricordiamo pure che la nuova formulazione del comma 4, art. 3 del d.P.R. n. 275/1999 (introdotta dal comma 14 dell’art. 1 L. n. 107/2015) ribadisce che “il piano è elaborato dal collegio dei docenti” e quindi non si tratta di una semplice ratifica di quanto elaborato da una commissione, spesso emanazione del dirigente e del suo staff. E, infine, non sarà inutile precisare che l’aggettivo più utilizzato nella Nota: “ineludibile”, non è affatto sinonimo di “obbligatorio”.
Ma vediamo la Nota in dettaglio.

PTOF e RAV.

Il PTOF dovrà essere coerente con il RAV.
Dunque verifichiamo che il RAV sia stato approvato dal Collegio e, nel caso non fosse stato portato in Collegio dal preside, far verbalizzare l’anomalia. Pretendete che in Collegio siano ben chiarite le priorità contenute nel RAV e le conseguenti “azioni di miglioramento” e, su queste, date battaglia perché spesso esse sono generiche e le loro modalità attuative possono essere anche molto diversificate.

Il rapporto con studenti, famiglie e territorio.

Ricordiamoci che la legge, come ribadisce la Nota, afferma che il Dirigente deve tener conto “delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni dei genitori e degli studenti”. Chiediamo ai Dirigenti se hanno ottemperato a questi passaggi.

Flessibilità didattica e organizzativa.

È questa una delle parti peggiori della Nota, quella in cui il volto della “mala scuola” della L. 107 si mostra pienamente; ecco cosa suggerisce il MIUR: “Il raggiungimento degli obiettivi della legge non può prescindere da forme organizzative flessibili, quali il potenziamento del tempo scolastico, anche oltre i modelli e i quadri orari, nei limiti della dotazione organica, tenuto conto delle scelte degli studenti e delle famiglie, sin dalla scuola del primo ciclo. Oltre a ciò potranno essere previste forme di integrazione tra le discipline e la loro possibile aggregazione in aree nella scuola primaria, l’articolazione modulare del monte orario di ciascuna disciplina nella scuola secondaria, la programmazione plurisettimanale e flessibile dell’orario complessivo, anche mediante l’articolazione del gruppo classe”. Altro che qualità: il MIUR spinge per una vera e propria deregulation dell’organizzazione scolastica suggerendo modalità che minano alla base le professionalità magari acquisite in anni di lavoro. Tutto questo ha come precondizione e conseguenza insieme la deregulation dell’organizzazione del lavoro e, infatti, viene suggerito l’orario flessibile e una programmazione plurisettimanale. Tutto il personale della scuola diventerà strutturalmente precario. La Nota insiste in più passaggi sulla centralità della flessibilità legandola esplicitamente alle classi aperte per gruppi di livello. È un punto a cui prestare particolare attenzione. In tutti questi anni a noi docenti è sembrato scontato come formare le classi iniziali: mescolare diversi livelli di apprendimento e capacità per avere un gruppo classe equilibrato in modo che tutte le classi avessero le stesse caratteristiche.

Questa non è solo un’idea di classe o di scuola, è anche un’idea precisa di società, in cui tutti possano avere le stesse opportunità, e che finora ha anche garantito la qualità del sistema scolastico italiano.

Al contrario, classi costruite in base al livello degli studenti sono portatrici di un’idea di scuola del tutto meritocratica, nella quale chi parte con un qualsiasi tipo di svantaggio, resterà inchiodato al suo livello di partenza e la competizione sarà il cibo quotidiano dei nostri studenti che devono abituarsi da subito a vivere in una società ontologicamente divisa tra chi merita e chi no. Dunque facciamo molta attenzione a ciò che inseriamo nel PTOF su questi punti e rifiutiamo di accorpare aree disciplinari, organizzare la didattica per moduli e limitiamo al massimo la differenziazione tra recupero e potenziamento, a meno che essi non avvengano in orario extrascolastico. La Nota insiste poi a lungo sulla flessibilità organizzativa come chiave di volta dell’”ammodernamento” della scuola.

L’organico dell’autonomia.

Se qualche docente di ruolo fosse ancora convinto di essere al riparo dalle devastanti novità della L. 107, si ricreda velocemente.
L’organico di una scuola non è distinto tra docenti di ruolo e docenti di potenziamento, tutti saranno utilizzati in modo flessibile, dunque tutti potranno essere chiamati a fare supplenze, progetti e progettini: “L’organico dell’autonomia andrà gestito in modo unitario e senza una rigida separazione tra posti comuni e posti di potenziamento”.
La Nota è molto chiara: si tratta di “superare la tradizionale divaricazione tra organico di diritto e organico di fatto”; inoltre le scuole dovranno indicare nel PTOF anche le esigenze di organico per le supplenze brevi (“previsione basata sulle serie storiche di scuola”) e dunque tutti i docenti potranno essere chiamati a fare le supplenze brevi. Considerando il fatto che in questi anni i presidi si sono affannati a trovare tutte le scorciatoie possibili pur di non nominare i supplenti, ricorrendo spessissimo a pratiche illegittime (smistamenti nelle altre classi, uscite e entrate fuori orario, ecc.), ben poco dirà la serie storica delle supplenze sulle esigenze reali di una scuola e le assenze dei colleghi ricadranno sull’organico attuale. La Nota torna poi ad insistere sulla formula delle “classi aperte” che il MIUR intende in modo sempre più chiaro come gruppi di livello: dobbiamo dunque prestare su questo punto la massima attenzione, se non vogliamo ritrovarci con classi omogenee per livello affidate a docenti considerati anch’essi di differenti livello. È questa d’altra parte una richiesta esplicita di Confindustria per l’alternanza scuola-lavoro: non solo vogliono la forza lavoro dei nostri studenti, ma pretendono anche di organizzarla per gruppi di livello, come accade in ogni buona azienda che si rispetti.

Le attrezzature e infrastrutture materiali.

Sembra che al MIUR non conoscano la situazione disastrosa delle nostre scuole e gli unici suggerimenti che riescono a dare sulle infrastrutture puntano ancora tutto sul digitale, come se nel settore non fossero stati fatti investimenti ingenti già da molti anni, investimenti che non sembrano aver portato quella “rivoluzione nella qualità della didattica” tanto propagandata e finanziata.

Reti di scuole e collaborazioni esterne.

Nel PTOF le scuole dovranno anche indicare i progetti per i quali intendono avvalersi delle reti di scuole con docenti che saranno gestiti “in rete”. Nelle reti inoltre potranno inserirsi anche i privati; facciamo molta attenzione perché far entrare i privati nelle nostre scuole, significa appaltare loro una fetta della progettazione didattica.

Piano di formazione del personale.

Le reti di scuole sono previste anche per la formazione in servizio del personale, che dovrebbe diventare obbligatoria.
È questo un elemento strategico nella trasformazione della scuola, perché appena sarà messo a punto l’intero meccanismo ci sarà un piano nazionale di aggiornamento (non ancora emanato) che deciderà su cosa i docenti sarebbero obbligati ad aggiornarsi: un indottrinamento che varierà a seconda dei desiderata di MIUR e Confindustria.
Secondo la Nota già da quest’anno “Il piano di formazione dovrà essere inserito organicamente nel PTOF”. È bene sapere che la legge non prevede alcun specifico format per le attività di formazione (50 ore obbligatorie o altro). Anzi, la legge dà spazio alla programmazione degli istituti nella loro autonomia, anche se ne abbina la coerenza col piano di miglioramento. Dunque dobbiamo puntare in Collegio a far votare una proposta che lasci il più ampio spazio possibile alla libertà individuale di aggiornamento e di scelta, dobbiamo individuare al contempo (votandole) alcune tipologie di formazione che davvero interessano la maggioranza dei docenti e comunque non formalizzare alcuna quantità perché le 50 ore non sono affatto normate esplicitamente nella legge.

Se non porremo la questione delle nostre scelte autonome nei Collegi, ci ritroveremo a fare aggiornamenti coatti sulla didattica per competenze, sul digitale, sui BES, ecc. oltre alla solita sicurezza. Prendiamo la parola nei Collegi e difendiamo anche sotto questo aspetto la libertà di insegnamento. Hanno stanziato 40 milioni annui per farci il lavaggio del cervello, anche se non è ancora chiaro se questi soldi arriveranno vincolati alle attività organizzate dal piano nazionale o saranno in parte gestibili dalle scuole.

Molte dunque e rilevanti sono le questioni sulle quali i docenti sono chiamati ad esprimersi in Collegio, non è il solito adempimento burocratico e non ci si può comportare come purtroppo da molto tempo e in molte scuole ci si comporta per il POF. Pretendiamo che venga fatto conoscere dai presidi per tempo il documento che andremo a votare, perché altrimenti sarà molto difficile intervenire su materiale così ampio e complesso visionandolo di sfuggita solo in sede di Collegio.

Cerchiamo di ostacolare il più possibile l’incarnazione della 107 a livello delle singole scuole; difendiamo la scuola cooperativa e democratica nella quale ci siamo formati e nella quale abbiamo sinora cercato di formare i nostri studenti.
Ricordate che, se non si riuscisse a far passare come maggioritaria la propria posizione nei collegi, potete dichiarare che vi avvalete della opzione di minoranza prevista dalla legge e fate verbalizzare la vostra dichiarazione con vostro nominativo invitando i colleghi che condividono a fare altrettanto, come è anche ribadito nella nuova formulazione dell’art. 3 d.P.R. n. 275/1999, il PTOF “comprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari, valorizza le corrispondenti professionalità …”.