Lo stato dell’informazione nel nostro Paese versa oramai in uno stato comatoso. Si registrano quotidianamente casi di palese e scandalosa distorsione dei fatti, spesso accompagnati da un’assenza preoccupante di qualsiasi scrupolo deontologico e professionale. L’ennesimo e gravissimo episodio si è verificato a seguito delle parole di Maurizio Costanzo nel corso della trasmissione radiofonica del 19 gennaio scorso della RAI Strada facendo su Isoradio. Parole che hanno suscitato una generale riprovazione e indignazione. Il conduttore si è permesso impunemente di rivolgere insulti sessisti nei confronti delle maestre indagate per presunti maltrattamenti ai minori durante le attività scolastiche. Addirittura si richiedeva, nel corso della trasmissione, la detenzione anche per coloro che, presumibilmete i vertici del MIUR, selezionano il personale scolastico, dimenticandosi o, si presume, addirittura ignorando, che il sistema pubblico dell’istruzione in Italia recluta ancora attraverso pubblici concorsi. Ecco il Costanzo pensiero: «ci dica chi sono coloro che selezionano le maestre che finiscono in prigione: in galera anche loro».
Una forte denuncia è stata espressa dai Cobas in un comunicato che contesta l’atteggiamento sessista e maschilista del giornalista: «Stigmatizziamo le dichiarazioni del giornalista («quelle frustrate, perché mi rifiuto di chiamarle maestre», «andare con un maschio di bocca buona» e a «divertirsi in galera con le guardie carcerarie») perché si è trattato di una vera e propria caccia alle streghe perpetrata nei confronti di alcune donne che, seppure inquisite per un reato loro ascritto, hanno diritto a un giusto processo e comunque fruiscono della presunzione d’innocenza fino alla definitiva sentenza». Il linguaggio adoperato da personaggi pubblici che hanno un impatto mediatico significativo non può essere caratterizzato da atteggiamenti maschilisti e sessisti.
La riflessione femminista dei Cobas coglie questa occasione per denunciare come la discriminazione sessista, ancora oggi, nel 2020, sia uno strumento di potere e di controllo sulla donna. «Le affermazioni – di Costanzo, continuano i Cobas – trasudano stereotipi tanto beceri e banali quanto efficaci per delegittimare e svalorizzare la figura sia professionale che umana delle lavoratrici. Ancora una volta vengono criminalizzate le lavoratrici del mondo della scuola, perché la cultura patriarcale deve mostrare il proprio dominio sulla parte socialmente più debole, servendosi di consolidati e facilmente decodificabili stereotipi maschilisti, che fanno presa su un immaginario collettivo ancora fortemente informato di valori maschilisti».
Occorre sottolineare come attraverso un linguaggio ancora fortemente impregnato su luoghi comuni sessisti le donne siano vittime di un duplice dispositivo di assoggettamento, di esclusione e di oppressione. Innanzitutto in quanto portatrici di una differenza di genere, ossia in quanto donne, in secondo luogo in quanto lavoratrici. Al contrario, occorrerebbe che il servizio pubblico si attrezzasse per affrontare temi di una tale delicatezza e complessità con un maggiore senso di responsabilità e con una minore cialtroneria culturale. La salute e il benessere dei lavoratori e delle lavoratrici (la categoria degli insegnanti è la più esposta a patologie professionali di esaurimento emotivo e derealizzazione personale quali la sindrome del burnout) e, d‘altro canto, l’incolumità e il benessere dei bambini e delle bambine, sono da sempre al centro dell’attenzione e della cura delle insegnanti e degli insegnanti Cobas. Sarebbe il caso che infelici episodi come quello della puntata trasmessa da Isoradio fossero l’occasione per riflettere con lucidità e profondità sul ruolo sociale del corpo insegnante e sulle problematiche di lavoratori e lavoratrici lasciati sempre più soli a sostenere il fardello del welfare e della tutela di diritti sociali oramai sempre più trascurati dalle istituzioni. Anche il fenomeno dei presunti maltrattamenti a scuola necessita, di conseguenza, di ben altra riflessione e di un diverso approccio privo di pregiudizi e atteggiamenti preconcetti.
I Cobas concludono rivolgendosi alla Ministra dell’Istruzione, chiamata in causa nella trasmissione dal conduttore medesimo, alla quale «si chiede di affrontare urgentemente il fenomeno dei presunti maltrattamenti a scuola, aumentato di ben 14 volte negli ultimi 6 anni nel totale disinteresse istituzionale, al fine di rassicurare le famiglie degli alunni, tutelare le figure professionali dell’insegnamento ed evitare che le lavoratrici siano in futuro esposte a ulteriori, insensate offese sessiste e accuse, fuori dal contesto legittimo, attraverso gogne mediatiche».
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