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Ricorso Cobas contro l'illegittimo blocco delle perequazioni pensionistiche

Il ricorso dei Cobas si inserisce tra il punto 7 (sentenza della Corte Costituzionale) e il punto 8 (Decreto Legge n. 65/2015) della cronologia presentata qui di seguito.

N¡59(Gennaio-Aprile) Giornale dei comitati di base della scuola-

 

La Costituzione prevede all’articolo 136 che: Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di un atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione.”

Di conseguenza l’INPS avrebbe dovuto procedere al calcolo e al pagamento sia degli arretrati non percepiti, sia al ricalcolo degli importi della pensione, applicando la legge in vigore prima del 2011 quando il governo Monti aveva cancellato tutte le perequazioni dovute ai pensionati con pensioni mensili superiori ai 1.200 euro netti.

Gli importi degli arretrati non percepiti avevano un ammontare non indifferente (dai 1.000 ai 4.000 euro a secondo dell’importo della pensione), ma soprattutto sarebbe stato ricalcolato l’importo della pensione (dal 2012 al 2015) che avrebbe avuto un effetto permanente.

Il governo Renzi ha varato, a distanza di un mese dalla sentenza, un Decreto Legge (n. 65) che aggirando il dettato costituzionale ha tagliato gli arretrati del 90, 80, 60 per cento a secondo l’importo delle pensioni, e in misura analoga ha tagliato anche il ricalcolo dell’importo delle pensioni.

A questo punto non solo è necessario fare i ricorsi per ottenere la restituzione del maltolto ma bisogna dare un segnale di opposizione determinato, tenendo conto delle seguenti aggravanti:

– I tagli dell’attuale Governo non solo erano e restano ingiusti e anticostituzionali, ma vanificano anche la sentenza della Corte Costituzionale con una inaudita e pericolosa prepotenza.

– L’adeguamento delle pensioni all’aumento dei prezzi con la perequazione automatica è l’unica garanzia perché in pochi anni una pensione dignitosa non si immiserisca e releghi alla povertà pensionati che hanno pagato i contributi pensionistici (il 33% della loro retribuzione, un terzo del loro stipendio lordo) per 35-40 anni.

– In tutte le circostanze Renzi ha manifestato una strategia “progressiva”. Se ad una iniziativa di tagli non si manifesta opposizione popolare, i tagli diventano definitivi e anzi, proseguono con procedimenti “a grappolo”, nella stessa direzione e nei confronti degli stessi soggetti silenziosi e perciò, secondo lui, “accondiscendenti”. Se non riusciamo ad opporci in questa circostanza chi ci garantisce che il governo e Boeri non mettano in esecuzione il loro disegno di ricalcolo delle pensioni già in essere con il metodo contributivo? Questo significherebbe un taglio del 20-30 percento alle pensioni già calcolate con il retributivo.

– Come questa vicenda testimonia, non basta la sola azione legale, questo governo sta dimostrando di ritenere addirittura possibile non adeguarsi alle sentenze della Corte Costituzionale. È perciò indispensabile autorganizzarsi per dar luogo a iniziative e manifestazioni anche piccole ma visibili che evidenzino la non accettazione di questo stato-quo, che sacrifica le classi che con la “crisi” si ritenevano domate (lavoratori, pensionati, studenti) ma invece non hanno nessuna intenzione di mollare.

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