La L. 107/15 invade una materia tipicamente contrattuale, il salario accessorio, con il premio di merito per i docenti. Si tratta di 200 milioni all’anno dal 2016, da ripartire tra le scuole in proporzione all’organico di diritto dei docenti e ad altri fattori: in media 25000 € per scuola.
La L. 107/15 modifica il TU sul Comitato di valutazione, che avrà durata triennale, sarà presieduto dal DS e composto da tre docenti (due scelti dal Collegio e uno dal Consiglio di Istituto), da due genitori (da un genitore e uno studente per le superiori) e da un componente esterno individuato dall’USR. Il Comitato, con la sola composizione dei docenti, integrati dai tutor dei docenti in anno di prova, è competente ad esprimere solo un parere sull’operato dei neoassunti, che saranno valutati e confermati in ruolo in via esclusiva dal DS. Se la valutazione del DS fosse negativa, il docente potrà ripetere per una sola volta l’anno di prova: quindi alla fine del secondo anno vi può essere il licenziamento deciso dal solo DS!
Inoltre, il Comitato – con tutti i suoi componenti – dovrà deliberare i criteri in base ai quali il DS in via esclusiva assegnerà annualmente il premio “con motivata valutazione”. La legge specifica che è destinato “a valorizzare il merito” per cui lascia intendere che deve differenziare tra i docenti (solo quelli di ruolo, per i precari niente), anche se non stabilisce quanti insegnanti devono avere il bonus, il che lascia aperta la possibilità di una distribuzione con un alto numero di destinatari.
Il Comitato deve individuare i criteri sulla base:
a) della qualità dell’insegnamento e del contributo al miglioramento dell’istituzione scolastica, nonché del successo formativo e scolastico degli studenti (bisognerà alzare i voti e praticare il 6 di mercato!);
b) dei risultati ottenuti dal docente o dal gruppo di docenti in relazione al potenziamento delle competenze degli alunni e dell’innovazione didattica e metodologica, nonché della collaborazione alla ricerca didattica, alla documentazione e alla diffusione di buone pratiche didattiche;
c) delle responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico e nella formazione del personale.
Quindi, la valutazione può riguardare sia l’attività al di fuori della classe (il progettificio e le attività funzionali all’insegnamento), sia il lavoro in classe. Lo scopo è scatenare la competizione e la concorrenza individuale tra i docenti, come nelle aziende private, perché questo migliorerebbe la qualità della scuola (secondo i sostenitori della legge).
Differenziare la retribuzione, mettere in competizione i docenti tra di loro, gerarchizzarli, selezionarli migliora la qualità della scuola o la peggiora? La scuola ha bisogno di competizione o di collegialità effettiva?
Qual è il primo scenario che viene in mente per il cosiddetto merito, ma anche per la chiamata nominativa e la valutazione dell’anno di prova? I DS sceglieranno i più bravi in base a fattori lobbystici e/o personalistici, preferendo quelli che sono a priori d’accordo con loro, che privilegiano la scuola dei progetti dispersivi e autoreferenziali rispetto al lavoro in classe, i componenti dello staff… Insomma, servilismo, clientelismo, approccio esecutivo saranno premiati, mentre coloro che osano criticare il DS o semplicemente hanno maggiore autonomia di giudizio saranno marginalizzati o addirittura non avranno il rinnovo dell’incarico triennale!
È uno scenario molto probabile, ma scartiamolo e ipotizziamone uno ideale: il DS sceglie veramente i “migliori” e magari anche i più bravi in classe. È prassi comune che vi siano idee diverse sulla programmazione didattica, sull’articolazione dei contenuti, sulle diverse teorie o scuole di pensiero nell’ambito dei saperi disciplinari, sul bisogno di semplificare l’approccio o di abituare alla complessità, sul ragionare per modelli, magari alternativi tra di loro, sull’approccio induttivo o deduttivo, sui criteri di valutazione. Se il DS deve giudicare il lavoro di un docente è perlomeno possibile, se non probabile, che una buona parte dei docenti assimilerà le idee, i criteri di valutazione di chi dovrà giudicarli! È chiaro che l’effetto sarebbe una drastica riduzione del pluralismo, della democrazia e della stessa libertà di insegnamento! Ma la Costituzione ha dato centralità alla scuola pubblica perché essa garantisce il pluralismo, perché lo studente nel corso dei vari anni può venire a contatto con diverse visioni dei vari saperi disciplinari, al contrario di quello che accade nelle scuole di tendenza o peggio ancora nelle scuole di mercato.
Inoltre, è forte il rischio che la “qualità dell’insegnamento” sia misurata con i quiz Invalsi come peraltro è già previsto per la valutazione delle scuole nel SNV. Ciò costituisce un fattore fortissimo di standardizzazione degli insegnamenti e di ulteriore dequalificazione della scuola. Ipotizziamo che un docente non abbia svolto un determinato argomento per scelta didattica o per rispetto dei tempi diversi dei suoi studenti o abbia impostato diversamente la trattazione di quel tema, magari puntando più allo sviluppo di capacità cognitive e spirito critico che all’acquisizione rapida di nozioni decontestualizzate. Se i suoi studenti vanno male ai quiz e lui non accede al premio o rischia di non vedersi rinnovato l’incarico triennale, magari temendo che i suoi colleghi più invalsizzati lo superino nella valutazione del DS, egli inevitabilmente adatterà il suo percorso ai test, indipendentemente da ogni altra considerazione. Lo stesso accadrà per le scuole che, in base alla classifica dei RAV, saranno sottoposte alla visita del nucleo esterno di valutazione e alla conseguente cura “di miglioramento”. È il teaching to test che ha già ampiamente rovinato le scuole inglesi e USA.
Sullo scorso numero di questo giornale abbiamo pubblicato un modello di mozione sul Comitato di valutazione, da discutere nelle assemblee sindacali e proporre a Collegi e Consigli d’Istituto, con diverse opzioni da usare in base ai rapporti di forza all’interno delle scuole.
La prima opzione è di non procedere alla designazione dei membri del Comitato nel Collegio e nel CdI, rifiutando nettamente il modello di scuola insito nel meccanismo di valutazione del merito. Tale opzione, però, deve essere adottata da entrambi gli organi collegiali. Infatti, se per esempio è adottata dal Collegio ma non dal CdI, siccome il Comitato non è collegio perfetto quando opera per la definizione dei criteri (non è attività di valutazione), sarebbe comunque validamente costituito con la maggioranza dei componenti. Inoltre, l’art. 37 del TU prevede che gli organi collegiali siano validamente costituiti anche se una componente non ha individuato i propri rappresentanti.
La seconda opzione è di procedere alla designazione dei membri del Comitato con il vincolo di mandato di limitare il proprio operato all’espressione del parere sul superamento del periodo di formazione e di prova. Anche questo sarebbe un forte segnale politico con il vantaggio di tutelare di più i docenti in prova, ma anche con il rischio che le altre componenti, se in maggioranza, procedano alla definizione dei criteri o addirittura che il DS proceda all’assegnazione del bonus anche in mancanza di criteri (procedura illegittima che è stata già minacciata da qualche novello manager–padrone).
La terza opzione è di procedere alla designazione dei membri del Comitato di propria competenza con il seguente vincolo di mandato: oltre ad esprimere il parere sul periodo di prova dei docenti neo assunti, indicare, tra quelli previsti dalla L. 107/15, come criterio unico di distribuzione dei fondi “le responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico”, destinandoli principalmente a tutti i coordinatori e segretari dei Consigli di classe e ai coordinatori di disciplina. Così si eviterebbero i pericoli delle due opzioni precedenti e gli effetti più deleteri del meccanismo premiale su pluralismo e libertà di insegnamento perché non si valuterebbero la qualità degli insegnamenti e i risultati degli studenti. Inoltre, sarebbero coinvolti quasi tutti i docenti che svolgono ruoli largamente riconosciuti come utili e necessari all’interno delle scuole. Inoltre, sarebbero disponibili maggiori risorse del FIS per le altre attività, in quanto nelle assemblee sindacali si potrebbero vincolare le RSU a non remunerare col FIS le figure destinatarie del bonus. Tale opzione si muove sul difficile crinale di un’opposizione al meccanismo premiale che però al tempo stesso cerca di gestire una legge non condivisa, puntando a limitarne i danni. Resta però il problema di individuare nelle scuola dell’infanzia e primaria, in cui spesso non vi sono i coordinatori indicati, dei ruoli di coordinamento organizzativo e didattico.
Sulla valutazione del merito un documento del 28.8.2015 di CGIL, CISL, UIL, Gilda e SNALS propone che il Collegio e il CdI deliberino di ricondurre “l’individuazione dei criteri di erogazione ad un’ intesa tra DS e RSU, stante anche la natura di compenso accessorio che la legge stessa assegna a tali emolumenti, rientranti perciò tra le materie soggette a disciplina contrattuale (art. 45 c. 1 D. Lgs. n. 165/2001)”. Effettivamente tale articolo prevede che il trattamento economico accessorio (come il bonus) sia definito dai CCNL in base alle perfomances individuali e organizzative. Quindi, la L. 107/15, configurando il bonus come retribuzione accessoria e sottraendolo alla contrattazione, entra in antinomia con il D. Lgs. 165/2001. Ma, come è noto, in caso di antinomia tra due fonti del diritto di pari forza (come il decreto legislativo e la legge ordinaria) prevale quella più recente e, quindi prevarrebbe la L. 107/15.
Non a caso il documento dei sindacati monopolisti parla di intesa e non di contratto: si sta chiedendo soltanto ai DS di fare una gentile concessione. Infine, da un punto di vista sostanziale resterebbe il problema per le RSU di individuare con i DS i criteri di valutazione della qualità dell’insegnamento e saremmo punto e a capo con tutti i rischi che un gruppo ristretto decida su una materia così delicata! Tanto vale che gli organi collegiali o si rifiutino di eleggere i membri di propria competenza o li eleggano con un chiaro indirizzo politico.
Commenti recenti