Gli apparati militari governano il nostro mondo ottimisticamente globalizzato. Non lo governano solo con i colpi di stato ma impadronendosi della ricerca scientifica, da quella biologica e medica a quella ingegneristica e aerospaziale, dalla ricerca informatica a quella dei materiali. Lo governano con il controllo delle risorse strategiche e delle risorse primarie. Lo governano, infine, con il controllo dei mercati finanziari derivati dall’economia della guerra, delle armi e dei sistemi di sicurezza interni ed esterni. Questi apparati non possono ormai definirsi il braccio armato del potere economico e finanziario, sono il potere.
Hanno tuttavia la necessità di essere accettati come interpreti del sentimento nazional-popolare e rispondere al bisogno indotto di securitarismo.
La scuola diventa il luogo elettivo per creare questa relazione di dipendenza rassicurante e nuovo territorio di conquista dell’immaginario e di trasformazione del linguaggio1.
In Italia non è stato necessario attendere Salvini, l’operazione ha preso inizio prepotentemente con i governi del cosiddetto centrosinistra e la scuola, Cobas a parte, non ha opposto molta resistenza tanto che i protocolli d’intesa MIUR-Ministero della Difesa2 sono passati incontrastati.
La scuola di massa
L’istituzione scolastica e la pedagogia che la descrive oscillano fra due limiti, un processo di soggettivazione come pratica di libertà di pensiero e un processo di soggettivazione nella relazione col potere che diventa assoggettamento3. L’assoggettamento, e quindi la riproduzione del sapere dominante, è stata una caratteristica propria della scuola statale fin dalla sua nascita, anche se difficilmente controllabile nelle variegatissime forme locali e nelle forme impresse dalla personalità dei docenti. Pensiamo al ventennio fascista dove la scuola diventa strumento non solo di assoggettamento, ma di propaganda, controllo e repressione. L’organizzazione del lavoro e del tempo introdotti dallo sviluppo industriale degli anni ’50 crearono l’ozio, come effetto collaterale, per le nuove generazioni slegate dalla necessità del lavoro minorile e grazie alla scolarizzazione di massa. Ozio come possibilità di tempo proprio, dedicato alla riflessione, all’aggregazione e alla scoperta di pratiche e contenuti antagonisti al sapere dominante. A questo punto, l’istituzione si apre alla democratizzazione, per quanto all’interno di una visione strettamente riformista volta a ridimensionare e contenere le istanze dei movimenti nati negli anni Sessanta, più che a recepirle, e sono varate le riforme del 1974 con l’istituzione degli Organi Collegiali.
TECNOLOGIA E MERITOCRAZIA
Già dagli anni immediatamente successivi, il potere economico si riorganizza su scala mondiale. Riorganizza il sapere sulla base dello sviluppo tecnologico, a scapito della conoscenza, insinua il principio della meritocrazia che, negli anni, diventa dilagante.
Il merito deve essere stabilito sulla base delle competenze, cioè il saper fare in un ambito ristretto e limitato delle discipline di studio e le competenze possono essere misurate attraverso la valutazione.
In questo sistema, sancito nel trattato di Lisbona in cui la dimensione dell’ozio, che permette riflessione e creatività, è totalmente sottratta in nome dell’efficienza e della produttività.
La Buona scuola renziana è l’ultimo e definitivo atto di questo processo di totale assoggettamento al sistema di produzione neoliberista, dove si proclama e si sancisce l’ideologia dell’addestramento al lavoro: “Il fine di questo sistema educativo è produrre soggettività autonomamente conformi alle procedure attese”4.
Occorre governare le menti, smantellare, annichilire la varietà delle personalità educative, le varietà di pensiero e di visione della vita e perciò la libertà d’insegnamento e di apprendimento, anche con l’uso massiccio di nuove tecnologie digitali.
Occorre educare al pensiero unico gerarchizzato, all’obbedienza all’accettazione passiva delle regole. Chi meglio dell’apparato militare, poliziesco e repressivo, in tutte le sue articolazioni, con la sua sola presenza è in grado di rappresentare rispetto della gerarchia, la passiva e acritica sottomissione alle regole, sorveglianza e punizione?
Ecco allora vere e proprie campagne di addestramento al militarismo e alla sicurezza. La presenza militare nelle scuole fino a qualche anno fa finalizzata al reclutamento delle persone, date le attese sul futuro lavorativo, è volta al reclutamento delle menti sulle magnifiche e progressive sorti delle tecnologie militari, della sofisticata precisione di droni e armi di ogni specie, la necessità del ricorso alle armi per dirimere le controversie e ottenere sicurezza.
Perciò, a dispetto dell’art. 11 della Costituzione, tutto ciò è sancito dal protocollo d’intesa fra Miur e Ministero della Difesa dal 2014 “per diffondere tra i giovani i valori della cultura della difesa e della sicurezza, della costituzione, della legalità, della cittadinanza attiva, dello sport, della ricerca scientifica e tecnologica, della cultura aerospaziale“.
La pervasività di questa presenza si spinge fino all’inclusione di campagne contro “il bullismo” e “ la violenza sulle donne”.
Siamo al totale assoggettamento, nel silenzio quasi totale di tutte le componenti della scuola, studenti e famiglie comprese.
L’OPPOSIZIONE AL MILITARISMO NEOLIBERISTA
I Cobas hanno intercettato e individuato fin dalla nascita l’attacco liberista ai principi e alla pratica della giustizia sociale sostituite da modelli e da forme di liberismo estremo. Hanno svelato l’ideologia neoliberista delle riforme del sistema scolastico ed educativo, le hanno combattute, mentre i sindacati organici al sistema si adoperavano perché fossero metabolizzate e applicate. E tutt’ora i Cobas rimangono l’unica opposizione sistematica e puntuale alla devastazione della scuola pubblica. Il pensiero antimilitarista, connaturato alla nostra associazione, espresso in varie realtà5 (Veneto, Sicilia, Sardegna), da singoli docenti (Antonio Mazzeo), dai Cobas e altre associazioni (Pax Christy), diventa oggetto di persecuzione e repressione.
Il modello unico economico militarista globale ha necessità di educare, non più alla pacificazione sociale attraverso il consumo, la tecnologia, il revisionismo culturale o meglio la falsificazione storica, scientifica, artistica (pensiamo alla giornata delle forze armate, la campagna mediatica sulla prima guerra mondiale, Trieste e Dannunzio), ma al terrore del nemico, dello straniero, dei popoli che diffondono pandemie virali; ha necessità di esasperare la fobia della disobbedienza, della resistenza, del pensiero divergente, delle differenze. Quale risposta più rapida e “rassicurante“ della militarizzazione?
C’è anche di peggio. Peter Birch e David Crosier sul sito specializzato in questioni educative della Commissione Europea (Eurydice) hanno scritto un articolo dall’eloquente titolo: “Importa se gli uomini non insegnano?”6. Secondo loro : “Si rafforza l’idea che solo le donne siano adatte ai lavori di cura” e si segnala il possibile collegamento tra la femminilizzazione del corpo docente e le peggiori performance maschili negli studi: “Ai ragazzi mancano modelli“. Alcuni dati sulla composizione del corpo docente vedono il 97% della presenza femminile nella scuola primaria, fino al 67% nella scuola secondaria7.
Quale relazione esista fra l’auspicata mascolinizzazione del corpo docente e la militarizzazione può essere facilmente individuata nello stesso articolo dove è definita l’attitudine ai lavori di cura come femminilizzazione e i modelli maschili mancanti diventano causa del cattivo rendimento negli studi. Quale modello migliore del maschio armato pronto alla guerra?
I signori Birch e Croisier sanno bene, come la Commissione Europea, che gli apparati militari sono l’acme del potere maschile che l’ultraliberismo globale vuole riaffermare. Un potere maschile militare che attraverso l’uso della forza e delle armi distrugge i territori, s’impossessa delle risorse e le militarizza, distrugge i corpi, la bellezza delle opere d’arte, la natura.
Penso che anche fra gli iscritti Cobas la componente femminile sia quella più numerosa; ad essa, soprattutto, rivolgo questa riflessione per dare impulso ad un riposizionamento sul ruolo di resistenza e di riaffermazione dei principi antimilitaristi, nel quotidiano lavoro di cura delle pratiche di libertà di pensiero.
2. http://www.difesa.it/Content/ProtocolloIntesa_MIUR_Difesa/Pagine/default.aspx; https://www.miur.gov.it/web/guest/-/protocollo-d-intesa-miur-ministero-della-difesa-e-ministero-del-lavoro-e-delle-politiche-sociali
3. Foucault, Deux essais sur le sujet et le pouvoir; Le gouvernement de soi et des autres.
4. Pinto, Valutare e Punire ; 2012
5. https://www.unascuolasenzaguerra.org/comunicati/linciaggio-mediatico-ai-docenti-che-non-vollero-i-militari-a-scuola/; https://www.unascuolasenzaguerra.org; https://www.vistanet.it/cagliari/2019/03/12/alternanza-scuola-lavoro-al-poligono-di-quirra-per-studenti-di-quartu-polemiche-degli-antimilitaristi/; https://www.repubblica.it/cronaca/2018/09/15/news/messina_professore_pacifista_sanzionato_dalla_scuola-206509441/; https://www.ilgiornale.it/news/politica/prete-anti-alpini-agli-insegnanti-pacifisti-c-unitalia-che-1779305.html; https://www.lanuovasardegna.it/tempo-libero/2018/06/15/news/disarmante-l-arte-antimilitarista-entra-a-scuola-1.16967972; https://www.change.org/p/ics-cannizzaro-galatti-no-ai-militari-nelle-scuole-solidariet%C3%A0-con-l-insegnante-obiettore; http://www.paxchristi.it/?tag=scuole-smilitarizzate; http://www.cesp-pd.it/spip/spip.php?article1608; http://antoniomazzeoblog.blogspot.it/2016/02/elmetti-e-moschetti-per-la-buona-scuola.html
6. Questo articolo è stato scritto da Peter Birche David Crosier, e originariamente pubblicato su Eurydice (Facebook: EurydiceEU). È stato adattato per School Education Gateway con il permesso di Eurydice. Versione completa in inglese
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