Nel dicembre 2015, a pochi mesi dall’approvazione della L. 107/2015, l’Associazione Nazionale Presidi (ANP), in una slide presentata ad un seminario scrisse un’espressione destinata a futura memoria: “NON ‘AVERE LE MANI LEGATE’ RISPETTO A DOCENTI CONTRASTIVI”. Era, questa l’indicazione data ai DS: muoversi nelle scuole senza badare al rispetto di norme e contratti e curando, in particolare, di “marcare” i docenti che si fossero posti di traverso al nuovo corso. Un nuovo clima era stato introdotto nelle scuole: i DS potevano fare e disfare a loro piacimento.
In effetti tanti DS hanno seguito l’indicazione dell’ANP, qualcuno di essi, però, ha battuto la testa contro il muro, come nell’esperienza che vi raccontiamo.
Il 23 ottobre 2017, a Torino, è stato condannato dal giudice del lavoro il dirigente dell’IIS “borselli” che arbitrariamente aveva spostato alcuni docenti da un plesso all’altro senza dare comunicazioni e, soprattutto, senza seguire alcun criterio votato dagli organi collegiali.
“Dal quadro normativo emerge con chiarezza che l’assegnazione dei docenti alle classi non è materia rimessa alle unilaterali determinazioni del dirigente scolastico posto che l’indicazione dei criteri è attribuita al Consiglio d’Istituto e che in ogni caso il dirigente scolastico deve agire nel rispetto delle competenze degli organi collegiali….”: una sentenza “storica” in una fase in cui la scuola italiana è stravolta dalla legge 107 e dagli abusi di potere di tanti presidi.
Pensiamo quindi sia arrivato il momento di dimostrare cosa vuol dire realmente essere “docenti contrastivi”, senza temere ritorsioni derivanti da abuso di potere, ma piuttosto denunciandole pubblicamente, senza chinare la testa, ma difendendo le funzioni e le competenze degli organi collegiali, la libertà di insegnamento contro un sistema manovrato da “tigri di carta”. L’attacco alla libertà di dissenso sta invadendo anche le scuole, microcosmi di una società che quotidianamente reprime il pensiero critico e punisce, con il licenziamento, i lavoratori che lottano per la difesa dei propri diritti sindacali.
Per fare ciò però occorre fare anche chiarezza sulla normativa.
L’istituto dell’assegnazione dei docenti alle classi e ai plessi è regolato dal combinato disposto di cui agli articoli 7, 10, 396 del D.Lgs. 297/94 e 25 del D.Lgs. 165/2001. In particolare, il D.Lgs. 297/94 (art. 10, comma 4) assegna al Consiglio di circolo o d’istituto il potere di fissare i criteri generali per la formazione delle classi e per l’assegnazione dei docenti alle classi. La relativa delibera assume la natura di atto normativo interno e non può essere ignorata dal dirigente scolastico, che ne risulta vincolato in vista della formazione del provvedimento finale. Prima di dare attuazione alla delibera del Consiglio d’istituto, il dirigente scolastico deve convocare il Collegio dei docenti, che, a sua volta, è tenuto a fornire al dirigente un parere per l’applicazione della stessa (articolo 7, comma 2, lettera b del D.Lgs. 297/94). La relativa deliberazione non è vincolante per il dirigente scolastico. Ciò non di meno, in ottemperanza all’obbligo di correttezza e buona fede, il dirigente scolastico, all’atto della formazione della decisione collegiale, ha il dovere di esplicitare il proprio eventuale dissenso, fermo restando il vincolo della deliberazione del Consiglio di istituto. Giova ricordare che l’obbligo di motivazione vale sia per i provvedimenti amministrativi (art., 3 L. 241/90) che per gli atti di gestione (cfr. Corte di cassazione, sez. lavoro, sentenza 15 luglio 2011, n. 15618). L’esecuzione delle delibere di cui sopra spetta in via esclusiva al dirigente scolastico in forza del combinato disposto di cui agli articoli 396 del D.Lgs. 297/94 e 25 del D.Lgs. 165/2001. Prima del D.Lgs. 150/2009, la materia era di natura contrattuale e, dunque, il dirigente, prima di disporre materialmente i provvedimenti, doveva attivare il tavolo negoziale d’istituto al fine di pattuire le relative disposizioni di esecuzione. Ora, invece, tale passaggio non è più previsto ma, in ogni caso, il dirigente scolastico ha l’obbligo di attenersi alle direttive emanate dal MIUR (nota prot. AOODGPER 6900 del 1.9.2011) e alle disposizioni di legge che regolano il sistema delle precedenze e delle inamovibilità d’ufficio (L. 104/92 artt. 21 e 33, L. 100/87 art. 5 ecc.) nella quale viene detto a chiare lettere che “Il dirigente scolastico, in relazione ai criteri generali stabiliti dal Consiglio di circolo o di istituto ed conformemente al piano annuale delle attività deliberato dal Collegio dei docenti assegna i docenti di scuola primaria e infanzia ai plessi e i docenti di I e II grado alle succursali in base ai seguenti criteri:
a. Assegnazione dei docenti che garantiscono l’insegnamento della lingua straniera nella scuola primaria;
b. Assegnazione dei docenti che permangono nello stesso plesso;
c. Assegnazione dei docenti che hanno fatto domanda di essere assegnati ad un plesso scolastico;
d. Assegnazione dei docenti che entrano a far parte dell’organico funzionale dell’istituto per la prima volta;
e. I docenti possono presentare motivato reclamo al dirigente scolastico entro cinque giorni dalla pubblicazione all’albo della scuola del provvedimento di assegnazione.”
In un certo modo esistono quindi dei paletti che devono pur guidare le scelte dirigenziali; si tratta di fondamenti che trovano un riscontro più che nel recente TUPI (D.Lgs. 165/01), nell’art. 396 del D.Lgs. 297/94, articolo che disciplina la funzione direttiva (per nulla in contrasto con l’art. 25 del D.Lgs. 165/01). Gli atti di gestione del dirigente scolastico devono quindi essere rispettosi dei suddetti criteri e riportati nel provvedimento finale di assegnazione dei docenti alle classi. L’obbligo di motivazione si fa risalire all’art. 3 della L. 241/90 e nel rispetto degli art. 1175 e 1375 del C.C., i quali regolano rispettivamente “comportamento secondo correttezza” e “esecuzione di buona fede”.
È il caso anche di ricordare che la Delibera ANAC n. 430 del 2016 tra i processi a maggior rischio corruttivo riguardanti le istituzioni scolastiche inserisce anche l’assegnazione dei docenti alle classi.
In conclusione, è bene chiarire a tanti presidi che la scuola non è un’azienducola che produce merci di bassa qualità, “governabile” in maniera padronale da tanti piccoli Marchionne, ma un cruciale BENE COMUNE ove va garantito il massimo rispetto per chi la vive e frequenta quotidianamente e per i diversi organi che la compongono.
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