Per una valutazione argomentata dell’operato dell’INPS non può bastare il Rapporto Annuale che l’Istituto di previdenza rende pubblico, di solito con un ritardo annuale, per documentare la sua attività. Sicuramente, però, il volume relativo al 2019 ci restituisce un’immagine significativa del colosso della previdenza pubblica per l’anno a cui si riferisce.
Il Rapporto 2019 consta di 480 pagine: un record degli ultimi anni. Non si tratta del consueto trucco usato dalle Amministrazioni Pubbliche di renderne difficile la comprensione delle loro attività affogando le informazioni rilevante in una pletora di pagine, numeri e tabelle. È che le già numerose competenze attribuite all’INPS negli ultimi anni si sono di molto ampliate. Si tenga conto, inoltre, che il Rapporto Annuale è la versione sintetica di INPS Rendiconti Generali, una pubblicazione ben più ponderosa (quella relativa al 2019 riempie 4.500 pagine distribuite in 3 Tomi) destinata alle istituzioni: magistratura di controllo, parlamento, commissioni parlamentari.
Tanto perché i lettori se ne facciano un’idea mettiamo qui in fila i Capitoli del Rapporto 2019:
Il controllo politico sul gigante INPS
Per avere un’idea delle sue dimensioni basta sapere che dall’INPS passa un quantità di soldi che supera la metà del PIL italiano, circa 900 miliardi in un anno. Inoltre l’INPS non gestisce tradizionalmente solo la previdenza ma anche l’assistenza creando un groviglio irrisolvibile carico di equivoci e malaffare. Ma previdenza e assistenza, sono solo due delle decine di categorie individuabili nella sua attività con l’aggravante che, come detto sopra, negli ultimi anni si sono aggiunte attività che non hanno il carattere universalistico con procedure stabili e certe come le pensioni. Molte nuove funzioni hanno carattere estemporaneo, il che va ad ampliare l’area della discrezionalità. E spesso richiedono procedure e criteri – implicanti valutazioni quantitative e qualitative – che devono essere riviste anche più volte nel corso di un anno. L’elenco delle nuove prestazioni INPS comprende, ad esempio: reddito di cittadinanza, varie forme di anticipazione alle pensioni, misura della povertà, reddito di emergenza, svariate indennità una tantum, contribuzioni variabili, almeno 30 forme diverse di precariato tra i lavoratori. Il tutto rivolto a decine di milioni di utenti: 20 milioni solo per le pensioni.
Particolarmente rilevante è il controllo politico sull’INPS attraverso la nomina dei presidenti da parte del governo che ha portato – a fronte dell’aumento delle funzioni svolte – ad una drastica riduzione del personale stabile. Ciò ha comportato un considerevole aumento di disfunzioni. Ad esempio, si è proceduto ad una privatizzazione inconsulta di alcuni servizi, primo fra tutti quello del rapporto diretto con gli utenti, demandandolo ai patronati ed ai CAF, in gran parte gestiti dai sindacati di comodo. In questo modo patronati e CAF ogni anno incassano centinaia di milioni di euro dall’INPS per i servizi resi e hanno potuto fare una vasta catena di assunzioni privatistico/clientelari, rafforzando potere politico e presenza sul territorio. Chi ci ha rimesso sono gli utenti che devono subire un’ulteriore mediazione, sovente precaria ed inadeguata, nei confronti dell’ente e spesso pagando per le varie prestazioni e il tesseramento sindacale. E questo spiega almeno due fenomeni che hanno investito i sindacati più consistenti: un numero di pensionati iscritti superiore ai lavoratori attivi e l’assenza di pratiche conflittuali contro i governi da cui ricevono finanziamenti considerevoli attraverso i patronati e i CAF.
Le lotte in Francia
Un INPS elefantiaco – è l’ente previdenziale più grande d’Europa – spiega uno degli obiettivi che il grande movimento popolare esploso nei mesi scorsi a fronte del tentativo di riforma delle sistema pensionistico in Francia.
Uno tra gli obiettivi di Macron era proprio quello di unificare le 49 casse pensionistiche esistenti in Francia. Il contrasto a questo obiettivo di unificazione aveva come ragione di fondo il gigantismo che ne sarebbe seguito e l’impossibilità da parte dei lavoratori di esercitare un controllo efficace, tempestivo e diretto sulla gestione delle risorse e delle prestazioni pensionistiche.
L’accostamento con l’INPS è particolarmente pertinente perché l’Istituto gestisce almeno 52 fondi pensionistici, spesso articolarli in segmenti autonomi, e in aggiunta gestisce servizi e prestazioni delegate dallo Stato: assegni familiari, indennità di malattia, di maternità, di disoccupazione, Cassa Integrazione Guadagni di varie specie, fondo garanzia TFR ecc.
È proprio un modello che testimonia la scarsa permeabilità al controllo sociale offerta da un servizio pubblico, proprio a causa delle sue dimensioni faraoniche.
Purtroppo il nostro Paese ha una lunga esperienza di nobili istituzioni pubbliche che sono riuscite a sottrarsi al controllo dal basso, permettendo che sotto il simulacro del pubblico si insediassero interessi privati e non di rado ignobili. È tempo di cambiare rotta.
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