Il progetto “Biblioteche innovative in carcere” fa parte di una più ampia progettualità del CESP-Rete delle scuole ristrette per il diritto di accesso e partecipazione dei detenuti alla vita culturale della comunità. Il progetto, nato da una esperienza didattica maturata in ambito penitenziario che ha cambiato profondamente e in positivo la relazione educativa con gli studenti “ristretti”, è divenuto con il tempo un vero e proprio laboratorio che fonda la sua attività  sull’uso della biblioteca quale ambiente di apprendimento inclusivo e trasformativo. Tale presupposto, valido in ogni contesto educativo, è tanto più denso di significato in ambito carcerario dove la media della popolazione detenuta proviene da contesti di preesistente povertà educativa e tende a realizzare attività finalizzate al reinserimento sociale, attivo e consapevole, delle persone ristrette, offrendo l’opportunità di acquisire conoscenze concretamente spendibili (come operatori di biblioteca delle biblioteche interne al carcere e, in prospettiva, presso biblioteche di varia tipologia) sostenendo e potenziando le competenze di lettura, scrittura e comunicazione anche con l’utilizzo delle tecnologie non presenti in carcere. Non è stato semplice affermare questa prospettiva perché, nonostante il Regolamento Penitenziario preveda espressamente che in ogni istituto ci sia una biblioteca e che questa sia gestita da un Educatore e dai detenuti, proprio tale funzione contrasta, spesso, con la realtà dell’esecuzione penale. La stessa funzione di intermediazione della biblioteca, infatti, che si muove tra bisogni individuali e necessaria preparazione di strumenti per migliorare l’accesso alle informazioni per l’intera comunità detenuta, può interferire con un visione della pena come mera custodia del detenuto che porta, inevitabilmente, a disattendere la norma e privare di quel diritto alla conoscenza e all’informazione che sono, invece, elementi imprescindibili per evitare quegli effetti spesso irreversibili di istituzionalizzazione sull’individuo che ne impediscono la ricollocazione nella società una volta scontata la condanna. I dati ci dicono che il 68/70 % delle persone che ha subito il carcere vi ritorna per aver commesso reati ulteriori, soprattutto se, nell’ambito dell’esecuzione penale, non ci sono stati percorsi indirizzati all’acquisizione di conoscenze e competenze spendibili in ambito esterno, quali misure di accompagnamento verso (e oltre) il fine pena. Proprio in tale direzione si è posta invece l’azione progettuale del Cesp, caratterizzatasi per la costruzione di una Rete, che in questi anni è stata un vero e proprio “Osservatorio” sulla realtà e sullo stato dell’esecuzione penale, tanto da aver adottato al proprio interno Misure di sistema finalizzate alla definizione di interventi adeguati alla condizione dei “ristretti”, per una piena applicazione dell’articolo 27 della Costituzione. Per riuscire in questo intento il Cesp si è avvalso, in questi anni, dell’apporto e della competenza della D.ssa Luisa Marquardt, docente di Bibliografia e Biblioteconomia all’Università degli Studi di “Roma Tre” e Coordinatrice AIB CNBS 2020-2023 che segue attivamente il CESP e la Rete delle scuole ristrette e collabora, a puro titolo di volontariato, con la rete degli insegnanti delle scuole in carcere, per la quale ha predisposto schede e griglie di rilevazione utilizzate per ricavare il quadro più esauriente e puntuale possibile delle esperienze in atto in contesto penitenziario e da sei anni svolge con il CESP e “Roma Tre” un corso di Biblioteconomia e Bibliografia. Oggi possiamo dire, però, che l’utopia della costruzione di un spazio quale quello della Biblioteca, nel quale ogni detenuto può trovare un momento di “libertà”, oltre a ciò di cui ha bisogno (e a quello di cui non sapeva di aver bisogno) è stata almeno in parte realizzata, nonostante il carcere sia uno dei  posti più vicini all’idea di luogo distopico. Dopo aver coinvolto in questo percorso il Ministero della Giustizia e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, infatti, nella Casa Circondariale di Rebibbia Nuovo Complesso, sono stati stanziati i fondi necessari per assumere cinque detenuti come operatori bibliotecari  che agiranno tanto nella biblioteca centrale che nelle biblioteche di reparto. Ci sembra di poter dire che questa si presenta come una vera e concreta opportunità di reinserimento sociale, frutto di interazione istituzionale ed esempio di ottima prassi, dovuto alle pressioni e al costante impegno della Rete delle scuole ristrette che potrebbe essere un inizio per l’estensione di questo intervento in altri istituti. Al momento, infatti,  almeno venti sono gli istituti penitenziari già disponibili all’apertura e gestione delle Biblioteche innovative in carcere, attraverso il diretto coinvolgimento dei docenti appartenenti alla Rete, collocati in dodici regioni; Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Veneto.