Nuovi paradigmi

Critiche radicali del CSPI: siano le scuole a decidere tempi e modi dell'ASL

Il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI), riunitosi lo scorso 25 luglio, ha approvato (con un solo voto contrario della componente ANP) un importante parere, espresso autonomamente, sull’Alternanza Scuola Lavoro. Il parere, frutto anche del confronto con numerosi soggetti (rappresentanti del MIUR, associazioni studentesche, enti di ricerca, esperti del settore), crediamo abbia un certo rilievo perché individua svariate criticità emerse sull’ASL e fa delle proposte concrete di “riforma”, la più importante delle quali è di far deciderne alle singole scuole contenuti e monte ore, come sostenamo anche noi da qualche anno.

Riportiamo ampi stralci del parere in questione, rimandando all’url http://www.cesp-pd.it/spip/IMG/pdf/-175.pdf per consultare il documento integrale.

(…) L’ASL e le sue criticità

(…) Si sono (…) determinati numerosi disservizi e inefficienze che hanno prodotto, accanto ad esperienze positive, in particolare in alcune realtà del Paese, esperienze negative per studenti e docenti, causa di comprensibili contestazioni nelle scuole e nell’opinione pubblica, come è emerso anche dai contributi e dalle audizioni dei diversi soggetti.

Tra le cause di queste criticità si evidenziano:

  • l’obbligatorietà introdotta repentinamente;
  • la predisposizione di risorse non adeguate in termini economici e di personale;
  • l’assenza di una adeguata formazione del personale scolastico che avrebbe dovuto attuare le novità;
  • il mancato supporto organizzativo alle scuole che hanno dovuto farsi carico di programmare le attività con i soggetti ospitanti del territorio (Aziende, Imprese, Enti pubblici, ecc).

Ma le conseguenze negative derivano soprattutto dal fatto che questa novità legislativa non è stata preparata ed accompagnata da un’accurata riflessione sul tema del lavoro e del rapporto tra scuola e lavoro. Il tema del lavoro nell’attuale contesto storico è problematico: infatti se esso è indubbiamente un fattore di realizzazione e crescita dell’uomo, lo stesso può anche diventare elemento di sofferenza e marginalità.

Questo carattere ambivalente dovrebbe spingere ad una più accorta valutazione delle potenzialità formative del lavoro in quanto tale, specie se inserito in un contesto scolastico.

L’esigenza di superare la separazione tra scuola e lavoro è da tempo un’esigenza avvertita e condivisa dal mondo scolastico, ma occorre che questa esigenza venga considerata nel contesto storico e sociale in cui si intende attuarla.

Purtroppo è ancora diffusa l’idea che la scuola, soprattutto in alcuni indirizzi di studio, debba solo svolgere il compito di preparare studenti con abilità immediatamente spendibili nel mondo del lavoro.

Tale impostazione contrasta anche con la rapidità con cui le attuali tecnologie produttive diventano obsolete, determinando così il rischio di un rapido superamento delle conoscenze acquisite e la loro non spendibilità nel mondo del lavoro in assenza di una forte preparazione di base che possa garantire capacità di riconversione professionale e formazione permanente.

Questa capacità di riadattamento al lavoro infatti può essere posseduta dal lavoratore solo se egli ha avuto la possibilità di ricevere una formazione ampia, finalizzata ad imparare ad apprendere e non solo a fornire conoscenze specifiche e specialistiche.

Pur prendendo atto che tra le motivazioni che hanno portato alla nuova normativa sulla alternanza è presente l’idea di contrastare la disoccupazione giovanile e di favorire un orientamento più consapevole nelle scelte future degli studenti, è indubbio che a sostegno dell’introduzione dell’ASL è intervenuta anche l’idea di avviare gli studenti al lavoro per una loro immediata occupabilità, in una logica che contrasta con la visione dell’alternanza come modalità didattica e formativa. Se così fosse si configurerebbe un ruolo e un compito della scuola solo funzionale alle esigenze più immediate del mondo produttivo a nocumento di una preparazione ampia e forte che è nell’interesse dello studente e dello stesso mondo del lavoro.

Il rischio è che l’ASL non si configuri come un’esperienza educativa e una modalità didattica finalizzata alla crescita dell’individuo in un contesto formativo ampio, stimolante e motivante, ma piuttosto come un’esperienza al servizio dei soggetti ospitanti rispetto ai quali gli “studenti  lavoratori” si devono rendere disponibili a qualsiasi richiesta. In tali situazioni si corre il rischio che il giovane venga “formato” ad assumere un atteggiamento di passività e adattabilità alle esigenze dell’azienda, oggi per un obiettivo scolastico, domani per non perdere il lavoro.

Per un nuovo paradigma dell’ASL

(…) Se il principale impegno della scuola resta formare la persona alla vita, è indubbio che il tempo della scuola è quello che maggiormente può consentire di ricercare la realizzazione del sé in tutte le dimensioni, da quella intellettuale a quella materiale.

Il lavoro rappresenta un’occasione preziosa intorno alla quale creare momenti significativi di apprendimento in cui si incontrano e compenetrano le conoscenze acquisite nelle singole discipline. (…)

Peraltro la riflessione sul lavoro non marginalizza le scienze umane, fondamentali per un’educazione con la quale affrontare i temi della globalità, della relazione dell’essere, del cittadino; al contrario, le esalta perché le rende concrete e dà loro la corretta valenza nel contesto della società nel quale si collocano. Nello stesso tempo è l’ambito privilegiato dove le abilità “artigianali”, proprie degli apprendimenti professionalizzanti, avranno modo di meglio esprimersi.

Una scuola che riflette sul lavoro è la condizione del dialogo con gli attori presenti sul territorio per meglio garantire un apprendimento che duri per l’intero arco della vita. Per questo deve essere ribadita e sostenuta una visione dell’apprendimento non come pura ricezione e memorizzazione, ma come attività cognitiva caratterizzata dall’elaborazione delle informazioni e dei dati, dall’uso di strategie come forme di sperimentazione per la ricaduta di tali conoscenze sul piano pratico della vita reale e del lavoro, dalla verifica di ipotesi e dalla tendenza a superare i limiti del dato immediato. L’insieme di attività così complesse non può che situarsi concretamente in contesti operativi; tali contesti forniscono non solo i contenuti delle azioni, ma rappresentano anche la palestra nella quale addestrarsi.

Il lavoro allora può essere l’occasione in cui si compenetrano la sfera del pensare e quella del fare; studio e lavoro diventano vasi comunicanti e non devono essere pensati come un “prima” e un “dopo”.

In questo senso appare addirittura fuorviante il termine “alternanza” a cui sarebbe preferibile sostituire quello di “alleanza”, in quanto la qualità dell’insegnamento sta proprio nella coniugazione dell’impianto teorico con l’applicazione delle categorie operative e pratiche, realizzata con l’adozione di una didattica esperienziale, che deve risultare arricchita, e non “alternata”, dal percorso dell’ASL. (…)

Di fronte alle nuove tecnologie e professioni che si svilupperanno nel futuro sarà fondamentale la capacità di stare in una condizione di “apprendistato permanente”: si imparerà sempre di più stando accanto a chi sa agire direttamente sul posto di lavoro e questo sarà possibile solo se saranno stati precedentemente acquisiti senso critico e capacità necessarie per apprendere in ciascun nuovo contesto. (…)

Proposte

Aver reso obbligatorio il monte orario di ASL ha impedito a molte scuole di poter operare con le finalità sopra richiamate. Inoltre ha condizionato la cooperazione con soggetti ospitanti dotati di un profilo responsabile e di pregio con cui poter co-progettare esperienze di ASL dall’alto valore formativo.

L’enorme numero di studenti che è stato necessario avviare all’ASL, con la scarsità di risorse disponibili, ha determinato l’impossibilità di effettuare una verifica delle attività avviate, al fine di intervenire per evitare gli esiti negativi riscontrati.

Appare quindi evidente che una delle cause che ha condizionato la qualità di questa esperienza sono anche gli aspetti obbligatori imposti, a prescindere dalle ragioni formative e didattiche. L’obbligatorietà ha determinato una compressione dell’intervento autonomo e consapevole delle scuole, le quali si sono viste espropriate di una loro specifica prerogativa, ovvero quella della libera e autonoma programmazione e progettazione didattica in base alle effettive esigenze degli alunni e in ragione al contesto territoriale. L’obbligatorietà del monte ore si è rivelata una costrizione che ha indotto spesso le scuole ad avviare una qualsiasi attività di ASL, a prescindere dalla sua qualità, trasformandola in un adempimento burocratico per le scuole stesse, in un carico di lavoro aggiuntivo per i docenti, in un’esperienza spesso inutile sul piano formativo e frustrante per gli studenti.

La prima esigenza sarebbe pertanto quella di prevedere una riconsiderazione dell’obbligatorietà del monte ore destinato alle attività di ASL, in favore di una progettazione autonoma delle scuole sia nei contenuti che nel monte ore complessivo. Ciò vale per gli studenti dei percorsi Liceali, Tecnici e Professionali, che potrebbero sperimentare così una didattica laboratoriale di maggiore qualità, ed avere contestualmente un’ulteriore opportunità di approfondimento culturale.

Tale autonomia agevolerebbe le scuole – e quindi i docenti e gli studenti – nel co-progettare, sulla base di obiettivi ed esigenze coerenti con il curriculo, esperienze formative di qualità, solamente con soggetti ospitanti seriamente interessati. A questo fine necessitano risorse adeguate in grado di sostenere e facilitare le attività delle scuole, la partecipazione degli alunni, nonché la collaborazione dei soggetti ospitanti.

Tali attività dovranno essere accuratamente ed obbligatoriamente monitorate, garantendo il coinvolgimento di tutte le componenti interessate a partire dagli studenti, anche al fine di predisporre un albo delle imprese di comprovata affidabilità e di rendere note le esperienze compiute più valide sul piano pedagogico, anche per una condivisione di utili informazioni che siano di stimolo e di opportunità. (…)