In due anni il governo Renzi ha imposto una lunga serie di distruttive “riforme”, basate sulla centralità del mercato come legge-guida nella società: ha attaccato, con la legge 107, il carattere pubblico della scuola, ha ingigantito la precarietà nel lavoro e prodotto una nuova ondata di mercificazioni dell’acqua, dei beni comuni e dei servizi pubblici locali, in aperto disprezzo dell’esito del referendum del 2011, perseguendo con il decreto Sblocca Italia una politica di devastazione ambientale, della quale le trivellazioni, in mare e in terra, e l’imposizione di una marea di inceneritori in tutta Italia, costituiscono gli elementi più eclatanti. Di fronte a tale scempio, le mobilitazioni sociali hanno costituito esperienze fondamentali, ma non sono riuscite a bloccare i provvedimenti governativi e necessitano ora di un salto di qualità nella connessione fra loro. Per questo, il movimento per la scuola pubblica, il movimento per l’acqua e le campagne contro gli inceneritori e le trivelle hanno lanciato una stagione di referendum sociali, iniziata il 9 aprile. Una straordinaria campagna dal basso che punti a cancellare i più odiosi provvedimenti della legge 107 per la scuola e a cambiare le politiche ambientali, a partire dallo stop definitivo alle trivellazioni petrolifere e all’eliminazione degli inceneritori, referendum capaci di rafforzare e unificare la mobilitazione sociale e di estendere il coinvolgimento diretto delle persone, al fine di disegnare un altro modello sociale.
Tali quesiti sono presentati da un vasto arco di forze sindacati, associazioni, reti nazionali ma anche centinaia di comitati, collettivi e gruppi associativi locali protagoniste delle fortissime lotte dello scorso anno contro la legge 107 e delle campagne contro le trivellazioni e gli inceneritori. Questa complessa, innovativa e promettente alleanza sociale ha individuato sei quesiti referendari.
Quattro riguardano l’istruzione, contro la legge 107 e la “cattiva scuola” di Renzi, presentati da un rilevante insieme di strutture nazionali (tra le quali, oltre ai COBAS,FLCCgil,Gilda,LIP,UDS-UnionedegliStudenti, CeSP, Unicobas, Ass. naz. Scuola della repubblica, Cogede, Coord. naz. per la scuola della Costituzione, LInK, Rete della conoscenza), oltre a numerose associazioni, reti e comitati a livello locale. I quattro quesiti – come potrete leggere in dettaglio in altre pagine del giornale mirano ad eliminare i superpoteri concessi ai presidi, dalla chiamata nominale dei docenti alla possibilità di distribuire a propria discrezione, usando il Comitato di valutazione, aumenti salariali agli insegnanti per un presunto “merito”; e a cancellare l’obbligo alla “alternanza scuolalavoro” per almeno 400 ore ai tecnici/professionali e 200 ore ai licei, nonché le donazioni private, detratte dalla fiscalità, a singole scuole.
Un quinto quesito mira all’abrogazione di norme legislative che danno il via a una nuova “attività di prospezione, ricerca e coltivazione di Idrocarburi”, per fermare un nuovo Piano nazionale di trivellazione nei nostri mari e fiumi, alla ricerca di idrocarburi, che sarebbe ulteriormente, devastante per l’ambiente; mentre il sesto quesito serve per abrogare norme di legge che vogliono imporre l’attuazione di nuovi inceneritori su tutto il territorio nazionale nonché il potenziamento degli attuali, nel quadro di una progettazione nazionale che prosegue pervicacemente su una strada, per lo smaltimento dei rifiuti, che si è già abbondantemente dimostrata distruttiva e ultrainquinante.
Ai suddetti quesiti, si affiancherà nella raccolta firme una petizione popolare (rivolta ai Presidenti di Camera e Senato) per legiferare in materia di diritto all’Acqua e di gestione pubblica del Servizio Idrico, presentata dal movimento per l’Acqua Bene Comune, che ha dovuto rinunciare ad inserire anche suo quesito referendario, avendo il governo tolto in extremis, a ridosso dell’inizio della campagna, il provvedimento legislativo che si sarebbe voluto abrogare.
La raccolta di firme, partita il 9 aprile, durerà 90 giorni. Ricordiamo che solitamente, tenendo conto di un numero medie di schede annullate per errori o omissioni, è bene raccogliere almeno 700.000 firme per essere sicuri di raggiungere le 500.000 valide, numero minimo di firme per l’ammissibilità di un quesito.
Va comunque tenuto conto che nella stagione referendaria, oltre ai due quesiti elettorali contro l’Italicum, agiranno anche tre altri quesiti sociali, che riguard no il lavoro e la precarietà, presentati e gestiti in proprio dalla Cgil confederale: il primo, concernente il Jobs Act e la legge Fornero in materia di licenziamenti, ripristinerebbe, se approvato, le norme di legge pre-esistenti che prevedevano l’obbligo di reintegra sul posto di lavoro in caso di licenziamenti illegittimi, estendendo tale fondamentale garanzia anche alle imprese con più di 5 dipendenti; il secondo mira ad eliminare del tutto l’uso dei “vouchers” come forma di pagamento del lavoro precario che ha avuto un’estensione abnorme negli ultimi anni; il terzo intende rendere effettiva la possibilità del lavoratore non pagato dall’appaltatore di potersi rivalere sul committente o sugli altri subappaltatori, limitando l’arbitrarietà e incontrollabilità del sistema degli appalti. nel merito i tre quesiti sono ampiamente condivisibili e riceveranno il sostegno dei COBAS. ma resta davvero negativa la volontà della Cgil confederale di procedere per conto proprio senza aver voluto accettare un’alleanza sociale anche su questi temi e rifiutando la condivisione, con tutto l’arco di forze dei referendum sociali, dell’iter referendario; nonché l’affiancamento ai quesiti di una LIP (Legge di iniziativa popolare) che ripropone tutta la inaccettabile impostazione Cgil in materia di contrattazione e ancor più in tema di rappresentanza sindacale, continuando a perpetrare il dominio monopolistico dei diritti sindacali che ha caratterizzato negli ultimi decenni l’azione di Cgil, Cisl e Uil nel mondo del lavoro. Stante così le cose, il Coordinamento nazionale dei Comitati referendari (scuola, acqua, rifiuti, trivelle) ha deciso che la nostra raccolta riguarderà solo i quattro quesiti scuola, quelli su inceneritori e trivelle e la Petizione popolare contro le privatizzazioni (cosa già enormemente impegnativa dal punto di vista organizzativo e burocratico, per l’elevato numero dei quesiti), ferma restando l’autonomia dei Comitati locali di stabilire sinergie e forme di collaborazioni con altre raccolte-firme.
Durante la campagna referendaria, però, come COBAS e come lavoratori/trici della scuola, siamo attesi ad un appuntamento conflittuale di grande rilievo, in un certo senso oramai “tradizionale” ma quest’anno ancora più rilevante degli anni precedenti a causa dell’imposizione della legge 107: il boicottaggio dei quiz Invalsi, che si svolgerà secondo le modalità riportate a pag. 1. Gli effetti nefasti della legge 107 sono oramai evidenti a chiunque sia in buona fede. La volontà sfacciata di edificare una scuola gerarchizzata sul modello “renziano” di società (con un uomo solo al comando di strutture aziendali a caccia di profitti economici), guidata da presidi padroni e con docenti ridotti a “tuttofare” subordinati e minacciati di licenziamento, riduzioni salariali, trasferimenti sta creando il caos in istituzioni scolastiche già prostrate da due decenni di tagli al personale e ai finanziamenti. La pervicacia nella creazione di conflitti tra i lavoratori/ trici in nome della premialità di un presunto “merito” – che serve solo a creare una “corte” di docenti al servizio totale del preside-padrone – sta distruggendo la collegialità e il lavoro unitario, togliendo quella libertà didattica che non è un privilegio per i docenti ma l’unica garanzia per gli studenti e le famiglie di trovare nella scuola pubblica pluralismo, ricchezza culturale, libertà di apprendimento e non sottomissione ad un pensiero unico eterodiretto dai grandi potentati economici e politici.
E in questo pessimo quadro, mentre prosegue la resistenza all’applicazione della 107, appare sempre più evidente il ruolo cruciale che in essa ricoprono i quiz Invalsi. Sia per il sedicente “merito”, sia per la valutazione di docenti, studenti e scuole, sia per i finanziamenti, l’apparato ministeriale intende imporre l’unico elemento che ha a disposizione e che ritiene dotato di una parvenza di “oggettività statistica”: e cioè i risultati degli assurdi indovinelli invalsiani. Contro il rito insensato dei quiz, che si rinnoverà a maggio, avrà dunque ancora più rilievo degli anni scorsi l’opposizione frontale dei lavoratori/trici della scuola, degli studenti e dei genitori che intendono difendere la qualità e i valori della scuola pubblica. Già lo scorso maggio la lotta contro i quiz andò oltre le migliori previsioni: in circa una classe su quattro (primaria e superiore), gli insulsi indovinelli vennero sbeffeggiati e annullati dall’effetto combinato dello sciopero indetto dai COBAS e del boicottaggio da parte di tantissimi studenti, alle superiori, e genitori che non mandarono, alle elementari, i figli a scuola. e proprio per il rilievo ancora maggiore assunto dai quiz con la legge 107, quest’anno tale azione combinata va ulteriormente amplificata. Di conseguenza abbiamo convocato il 4 e 5 maggio due giorni di sciopero nella primaria (ogni maestro/a sceglierà il giorno, tra i due, in cui il proprio sciopero risulterà più efficace) e quello di tutto il personale ata della sola sardegna e il 12 lo sciopero generale di tutte le scuole dall’infanzia alle superiori per esigere la cancellazione dei quiz Invalsi e del loro uso per valutare docenti, studenti e scuole, contro il premio di “presunto merito”, la chiamata diretta da parte del preside e i suoi poteri di assunzione e licenziamento, i tetti orari per l’alternanza scuola-lavoro; e richiedere l’assunzione di tutti i precari/e abilitati o con 360 giorni di insegnamento nonché il recupero salariale di quanto perso negli ultimi anni da docenti ed Ata. Lo sciopero sarà accompagnato nelle giornate del 4 e del 12 maggio da manifestazioni ed iniziative territoriali.
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