photo credits: Tony Ryta
Ormai ad un anno dall’avvio della scuola renziana è evidente a tutti come la snella legge da articolo unico e dai 212 commi sia da considerare il risultato non solo di scelte politicamente sbagliate (con l’esclusivo scopo di propagare l’immagine di un governo spavaldo sotto l’egida del rottamatore impavido), ma anche l’assemblaggio di scelte tecnicamente solo capaci di generare conflitti, sia nelle scuole sia sul territorio nazionale: con incuria è stata calpestata la dignità dei docenti, diventati con nuove etichette di fase B e C, selezionati secondo fantasmagorici curricoli da presidi elevati a ruolo di selezionatori di personale; con altrettanto cinismo è stato calpestato il diritto di conoscere se la Ruota della Fortuna messa in moto dall’algoritmo con il quale sono stati disposti i flussi migratori di numerosi docenti, fosse bendata, e quindi cieca, oppure semplicemente errata come spesso può accadere nel mondo degli umani!
I falsi miti della “Buona scuola”
La Cattiva Scuola ha voluto perseguire con determinazione, e se ne è alimentata, alcuni falsi miti. Il più insidioso è stato sponsorizzato da alcune associazioni di dirigenti scolastici: convinti di gestire aziende hanno sostenuto con sicumera che la soluzione ai problemi (alcuni senz’altro creati da infauste politiche di tagli almeno decennali per le scuole da loro governate) stesse tutta nella possibilità di scegliere i docenti per la propria scuola e premiare una cosa chiamata merito, ma che in alcuni casi parrebbe configurarsi come fedeltà indiscussa al capo.
Il secondo mito è quello della costruzione di una società della “competenza” e della “performance”, capace di abbattere i valori di solidarietà, da sempre espressi nelle scuole per mezzo delle scelte collegiali e della partecipazione, asservendo i modelli di crescita orizzontale del paese, faticosamente conquistati negli anni, alle logiche di Confindustria, mai chiamata a spiegare e a rendere conto di cosa non funzioni nei suoi modelli (stante la devastante crisi del paese e della sua economia), così pronta a dispensar consigli che trovano spazio in un tessuto sociale lacerato, dove è più facile che attecchiscano i luoghi comuni che hanno generato un conflitto insanabile tra le nuove generazioni della “precarietà cronica” e quelle della invidiata “stabilità lavorativa”.
Lo staff ministeriale baldanzoso, chiamato a dar forma alla rivoluzione copernicana della scuola renziana, ha coniato grandi parole di efficacia sicura sull’opinione pubblica: organico potenziato, merito, assunzioni per concorso, azzeramento supplenze. Grandi parole, o meglio grandi contenitori, che sono risultati privi di contenuto e hanno gettato nella confusione scuole ed uffici periferici, mentre i lavoratori della scuola avevano capito, ben prima dell’approvazione della legge 107, che sulle loro teste era in procinto di abbattersi un grosso tifone, che avrebbe spazzato via le cose buone, forse poche ma comunque buone, che avevano garantito la qualità della scuola pubblica anche quando i tagli di personale e di risorse finanziarie ne avevano minato le fondamenta.
In questo confuso intreccio poche informazioni sono sufficienti a far capire come il caos regni sovrano.
Organico potenziato: ovvero mettiamo il turbo all’organico della scuola! I dati seppur pubblici non dicono nulla nell’asettico elenco di sigle. Quello che il MIUR non pubblica è in realtà un raffronto tra la richiesta delle scuole e i docenti assegnati. Su tutti un esempio: in una scuola tecnica si chiedono insegnanti di Matematica, Materie Tecniche ma, ahimé, vengono poi assegnati insegnanti di Educazione Fisica e Diritto.
E non solo! Almeno un docente potenziato per sostituire in cattedra il vicario del dirigente, alcuni posti di potenziamento per assorbire i docenti soprannumerari e molte ore per sostituzioni: forse con meno ipocrisia si dovrebbe parlare non di garanzia dell’offerta formativa, ma di garanzia del monte ore totale, costi quel che costi! Un concreto potenziamento sarebbe invece consistito nel non saturare le cattedre a 18 ore, lasciando così le ore a disposizione per le supplenze, e assumendo nuovi docenti su cattedre vere e non su potenziamenti, alias tappabuchi.
A scuola per concorso pubblico: procedure in ritardo, solo il 17% delle commissioni ha terminato con graduatorie di merito, per il resto…il Paradiso può attendere.
Ma la colpa è dei docenti precari che si sono fatti respingere? Insegnanti da molti anni, abilitati dalle università, ma respinti dopo un concorso organizzato frettolosamente, bocciati grazie anche a griglie di valutazione dove elemento di indiscusso valore di una risposta data in pochi minuti doveva essere … l’originalità.
E non basta: quanti si sentirebbero sicuri prima di una prova e per tutta la durata del concorso se sapessero che le commissioni giudicatrici sono state più volte ricomposte per dimissioni dei componenti?
Si tuona dai mass-media: basta supplenze! Ma secondo i dati a disposizione molte cattedre rimarranno vuote per mancanza di docenti vincitori e saranno assegnate ai supplenti, ma lungi dall’essere una buona notizia ad anno scolastico inoltrato si avvierà un valzer di docenti sulle cattedre con un classico effetto domino che, anche un medio dipendente dell’amministrazione, avrebbe potuto predire sulla base di una minima ma reale conoscenza del contesto!
E come se non bastasse, movimenti del personale da Sud a Nord che paiono somigliare alle tradotte anni Sessanta verso le fabbriche del Settentione! Ripensamenti da parte del ministero, qualche sano mea culpa? Assolutamente no, tutto nascosto, l’Algoritmo è il nuovo Signore indiscusso nelle stanze del potere: una soluzione minima però bisogna pur darla per tacitare la massa urlante. E ormai non scelte tecniche, ma la fantasia per palliativi di facciata: aumentiamo le cattedre di Sostegno laddove servono e ci mandiamo docenti anche senza titolo di specializzazione, aumentiamo le cattedre per i movimenti del personale togliendoli a nuove assunzioni e così facciamo anche arrabbiare i docenti ancor rimasti nelle graduatorie ad esaurimento!
Insomma…un pasticcio di dimensioni nazionali!
Il re è nudo
Sarebbe stato troppo semplice (e funzionale ad una scuola buona) reinvestire nella scuola quella parte di risorse promesse dopo il draconiano taglio della Gelmini nella riduzione degli alunni per classe, nel potenziamento del personale e di segreteria e di Sostegno ecc. Si è voluto invece imporre il modello Marchionne: via il sindacato, via le contrattazioni, via la democrazia dai posti di lavoro.
È stata fatta con determinazione, al contrario di quanto invece propagandato dal governo, una scelta essenzialmente politica, per ridurre la scuola della democrazia, del pluralismo, dell’insegnamento delle idee ad una scuola di addestramento, di sottomissione gerarchica e culturale. Ma anche qui i conti li hanno fatti male. Il risultato di mesi affannosi trascorsi a puntellare le numerose falle è evidente per quanti lavorano nella scuola, lo sarà presto con il suono della campanella anche per genitori e studenti! La confusione, le disfunzioni, le contraddizioni non potranno che mettere a nudo l’inconsistenza e la nefandezza di tale progetto.
Toccherà a noi essere la grancassa di questa débâcle, l’altra voce verso l’opinione pubblica, utilizzando la stampa, i media, il web ed ogni altra lecita iniziativa ed azione di contrasto.
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