Claudio Lolli è stato uno dei protagonisti della straordinaria stagione della seconda generazione di cantautori italiani, quelli che segnarono con i loro LP gli anni Settanta del secolo scorso.
Incurante di riuscite mercantili e di compiacimenti popolari, ha percorso con le sue composizioni alcuni decenni (1972-2018) della vita italiana, testimoniando accadimenti politici e, soprattutto, stati d’animo.
La produzione artistica di Claudio Lolli si connota proprio come un diario in versi e musica della generazione segnata dall’impegno politico nell’estrema sinistra degli anni ’60-’70 e che, in qualche modo, ha cercato di resistere nei decenni successivi al ritorno delle politiche regressive e alla desertificazione culturale ancora in corso.
In definitiva, un percorso travagliato segnato dalle trasformazioni del mercato discografico e dalla salvaguardia della dignità personale, cercando di coniugare scelte artistiche e convincimenti politici e morali.
Claudio Lolli (Bologna 1950-2018)
Come ci raccontano alcune canzoni dei suoi primi album, Lolli nasce e cresce in una famiglia della “vecchia piccola borghesia”. Adolescente solitario, appassionato lettore (in particolare di poesie), ascolta i Beatles, Brel, Brassens, Dylan, Cohen, Tenco, De Andrè e tanti altri. Compone le prime canzoni negli anni del liceo e si esibisce all’Osteria delle Dame a Bologna, dove conosce Francesco Guccini, che lo introduce alla EMI, la sua casa discografica, con la quale pubblica quattro album. I primi tre sono segnati da un’atmosfera cupa, malinconica, quasi disperata, generata da accompagnamenti musicali scarni, minimali, affidati principalmente alle chitarre, e da testi che testimoniavano un percorso esistenziale giovanile solcato da inadeguatezze e ribellioni generazionali.
Il quarto album, Ho visto anche degli zingari felici, registra una svolta radicale. Intanto il disco è venduto a prezzo politico: circa la metà del costo normale. Poi c’è un cambio di atmosfera rispetto ai lavori precedenti: una ritrovata sensazione di speranza espressa sia con i testi che con gli arrangiamenti che risultano più ariosi, variegati e densi, rispetto ai lavori precedenti. Il disco ha un’ottima riuscita commerciale tanto da divenire quello più conosciuto di Lolli.
Nel 1977, in accordo con i suoi convincimenti politici, Lolli abbandona la multinazionale EMI ed approda all’etichetta alternativa Ultima Spiaggia, che accoglie anche Enzo Jannacci, Ivan Cattaneo, David Riondino, Ricky Gianco, Gianfranco Manfredi. Con Ultima spiaggia, Lolli edita un solo disco; Disoccupate le strade dai sogni (1977), in cui è contenuto il brano Analfabetizzazione, di cui trattiamo più avanti.
Nel 1979, Ultima spiaggia fallisce e Lolli ritorna alla EMI, pubblicando altri quattro album tra il 1980 e il 1992. Sono anni difficili in cui si è ristretto notevolmente lo spazio di vendita per musicisti che non cedono alle lusinghe della discomusic e non hanno nelle loro corde il rock duro. E Lolli è tra questi.
Il 1993 è anno di svolta: Lolli si laurea in lettere e comincia a lavorare come insegnante (nel Liceo Scientifico Leonardo da Vinci di Casalecchio di Reno), iscrivendosi ai Cobas. In parallelo scrive e pubblica romanzi, racconti e poesie. L’incontro con Paolo Capodacqua, straordinario suonatore di chitarra classica elettrificata, rinnova l’attività musicale del cantautore che riprende, col solo accompagnamento del chitarrista, a fare concerti in cui propone brani vecchi e nuovi che – più che cantati – vengono recitati come poesie su un tenue sfondo musicale. Dal 1997 riprende la pubblicazione di dischi e fino al 2017 escono, con diverse piccole etichette, cinque album registrati in studio e quattro dal vivo.
Analfabetizzazione
L’album Disoccupate le strade dai sogni, inciso e pubblicato nel 1977, rispecchia veridicamente alcuni aspetti del movimento che si dispiegò in quell’anno. Vi si respirano umori personali e tensioni politiche specifiche di quel periodo, filtrate con le invenzioni comunicative divenute senso comune in una parte della gioventù di allora. Lolli compie un nuovo salto qualitativo dal punto di vista musicale, facendo ricorso ad un ampio spettro di sonorità e ad arrangiamenti più variegati, più mossi, meno melodici che nei lavori precedenti.
Tra i brani di questo album c’è anche Analfabetizzazione, che non tratta esplicitamente di scuola. Ma se la scuola è l’istituzione deputata all’alfabetizzazione, l’analfabetizzazione sarà la condizione che l’insegnamento cerca di espungere? In realtà, il senso che Lolli dà al neologismo da lui creato non è questo. L’analfabetizzazione è un procedimento per sottrarsi alla violenza insita nel linguaggio del potere, variando il significato dei vocaboli usati da chi comanda. Pochi esempi bastano a farci capire l’uso autoritario del lessico: missioni di pace per definire vere e proprie guerre; Buona scuola per una delle più retrive riforme della scuola; lockdown per reclusione; Decreto sicurezza per quelle che sono solo limitazioni delle libertà; clandestino per migrante, profugo. Insomma siamo dalle parti di 1984 di George Orwell e della neolingua, il cui scopo è di fornire una visione del mondo confacente agli interessi di chi comanda e di rendere impossibile ogni altra forma di pensiero. Lolli prova a sottrarsi all’oppressione culturale variando il significato di termini comuni come madre, cielo, amici. Un’operazione magari ingenua ma che ci stimola a fare attenzione a come vengono usate le parole per sottometterci.
E in ogni caso, fare analfabetizzazione non esclude altre forme di lotta contro tutti i poteri.
Commenti recenti