photo credits: Kelly Sikkema on Unsplash
Sull’emergenza Covid-19, che ha investito duramente il nostro SSN, proviamo a fare qualche riflessione e a trarre alcune conclusioni.
A livello mondiale ogni governo ha attuato il suo modello di politica sanitaria e ognuno ha risposto a modo suo con interventi diversi. Alcuni Paesi asiatici (Corea ed altri) con l’esperienza delle pandemie passate (Sars ecc.) erano già attrezzati rispetto a questi fenomeni ed hanno retto bene l’impatto col Covid-19. In Europa ci si è mossi ognuno per conto suo ma, Germania a parte, i risultati sono stati poco lusinghieri.
Il governo italiano, che sicuramente all’inizio ha minimizzato lo tsunami pandemico, pur tuttavia si è trovato quasi con le mani legate, da una parte dalla possibilità di guidare ed incidere centralmente sulle politiche sanitarie in capo alle Regioni e dall’altra dai pareri degli organismi scientifici che hanno ondeggiato da un giudizio iniziale di febbraio di banale influenza, a correggere ripetutamente il tiro, sino alla dichiarazione dell’OMS, che ritiene il Coronavirus dieci volte più letale dell’influenza comune.
La sanità regionalizzata
Questa epidemia ha evidenziato in Italia le carenze o comunque l’inadeguatezza a fronteggiare questo tipo di emergenze, al di là delle problematiche già preesistenti.
Il disastro italiano attuale, soprattutto per la Lombardia e le regioni del Nord, nasce dall’affidamento alle Regioni dei servizi sanitari, le quali hanno seguito politiche iper-privatistiche a trazione leghista.
La catastrofe, quindi, in termini di decessi, rianimazioni, contagiati la possiamo ascrivere in massima parte alla disastrosa riforma del titolo V della Costituzione, che in realtà rispondeva alla volontà predatoria di creare nuovi e più penetranti centri di potere regionali e di formazione/imposizione di consenso elettorale, con enormi ed incontrollati flussi finanziari, senza alcun rispetto degli interessi dei cittadini che avrebbero meritato (avendolo sovvenzionato con tasse/balzelli/addizionali) un sistema sanitario in grado di fronteggiare qualsiasi emergenza. Ma la politica era più attenta alla nomina di direttori generali ed agli appalti truffa che allo sviluppo di un efficiente servizio universale e solidaristico omogeneo in tutto il Paese.
Occorre insomma rivedere quanto prima la riforma del Titolo V della Costituzione. In casi eccezionali, e non solo, le decisioni strategiche devono essere in capo allo Stato.
La salute aziendalizzata
E ciò ci porta ancora più indietro a considerare che la tragica inadeguatezza strutturale che oggi constatiamo è figlia della subcultura politica della classe dirigente dei nominati, dai potentati locali, ai comitati d’affari partitici o finanziari, sino alle agenzie di rating. E siccome tutte le matasse hanno un bandolo, in questo caso esso è la sciagurata revisione dell’art. 81 della Costituzione che nella nuova stesura ha imposto il pareggio di bilancio. Spacciata nel 2012 per una norma virtuosa, era, in realtà, il mezzo per dichiarare decaduti nella logica liberista e aziendalista, i diritti fondamentali previsti in Costituzione – scuola, ambiente e sanità per intenderci – e assicurati a tutti, indistintamente, mediante il prelievo fiscale proporzionale e progressivo. Diritti, previsti a carico dello Stato, e non inscrivibili in un qualsiasi bilancio aziendale quanto piuttosto – essendo fatti di cultura, senso della comunità, salute, benessere – in un ideale ma ben percepibile bilancio istituzionale e politico. Da quella revisione costituzionale discendono purtroppo i tagli al fondo sanitario, i blocchi delle assunzioni, la politica dei budget e degli “acquisti“ di prestazioni. Insomma la salute come azienda.
Da qui i commissariamenti delle Regioni in particolare al Sud, indebitate in parte per il fisiologico costo del servizio sanitario, in parte per gli sprechi, contro i quali neanche un centesimo è stato risparmiato. Sono stati invece imposti nuovi tagli, riduzioni di servizi e di diritti così da presentare bilanci migliori e indirizzati verso il pareggio. Si sono chiusi ospedali alla rinfusa, sono state bloccate le assunzioni, non è stato messo a bilancio neanche un euro per la prevenzione, per la medicina del territorio, per la rete emergenza/urgenza. Per non parlare della ricerca sopravvissuta, affidata a nicchie di volenterosi sottopagati.
Strutture private all’assalto della sanità pubblica
Ora il re è nudo: il servizio sanitario in questi mesi è stato dimostrato che non può essere regionalizzato perché la tutela della salute è un diritto fondamentale spettante a ciascun cittadino/a in maniera uguale a tutti gli altri/e.
Il SSN è stato depauperato e sventrato da decenni di mancate risorse, per lo più indirizzate al privato, da un organico con carenze di decine di migliaia di medici, infermieri e centinaia di ospedali, servizi territoriali e migliaia di posti letto in meno. Sono stati sottratti 37 miliardi al SSN, aumentando a dismisura la spesa per la sanità privata.
Come da Rapporto Sanità 2018 si è tracollati dai 245 mila posti letto nel 2010 ai 191 mila del 2017 e, in rapporto al numero degli abitanti, da 5,8 posti letto ogni mille abitanti nel 1998 ai 3,6 nel 2017. In questo crescendo privatistico le strutture sanitarie pubbliche sono ormai solo il 51,8% del totale, il resto sono per lo più cliniche private o accreditate dislocate soprattutto nel Lazio, Lombardia, Sicilia e Campania. Addirittura nella regione Lombardia le politiche di Formigoni e dei presidenti leghisti hanno attuato scelleratamente la forma più completa di passaggio dalla sanità pubblica al sistema misto in cui pubblico e privato sono equiparati, mortificando il servizio sanitario italiano, considerato uno dei migliori al mondo.
In questa pandemia c’è sicuramente un problema di risorse, ma soprattutto, di qualificazione della spesa, dell’importanza strategica di riportare la produzione dei dispositivi di protezione individuali e di strumentazioni sanitarie e medicali al nostro interno. Detto in parole povere. lo Stato, in caso di emergenze e non solo, deve essere in grado di attivare queste produzioni senza dipendere da Paesi terzi perché non è sufficiente accumulare scorte. In casi eccezionali, devono essere prontamente requisite strutture ospedaliere private e qualsiasi struttura residenziale che possa permettere l’isolamento dei contagiati, allontanandoli dal loro nucleo familiare. Devono essere approntati Piani Pandemici aggiornati a livello nazionale e regionale e qualora le Regioni siano inadempienti, vanno sanzionate e, se il caso, commissariate. C’è chi, specialmente la Lega, ritiene che esistano gli Stati Uniti d’Italia. Intanto, finiamola di chiamarli “Governatori”, questo appellativo è del tutto inventato, a livello istituzionale sono Presidenti delle Regioni.
Cosa fare
Riteniamo assolutamente indispensabili le seguenti interventi:
In molte case di cura si sono verificate vere e proprie stragi di anziani, che – anche per questo motivo – costituiscono la maggioranza dei deceduti per Covid-19 in Italia.
Ben poco è stato poi attuato sul piano della programmazione dell’assistenza sanitaria per gli ultra sessantenni che vivono soli in casa, per quelli senzatetto ed in special modo nelle RSA e RSD. Così come è stato riscontrato la mancanza di una tempestiva fornitura di dispositivi di protezione individuale agli operatori delle RSA spesso privi di mascherine, guanti, e senza un protocollo medico adeguato che preveda che venga eseguito il test e tampone a tutti gli operatori ed ospiti residenti nelle RSA e nelle strutture per disabili e il contestuale rifornimento dei dispositivi di protezione individuale e di tutti i materiali atti a fronteggiare, in maniera omogenea su tutto il territorio, questa tremenda infezione virale.
Insomma le case di cura per anziani, case di riposo e quant’altro vanno riportate sotto il controllo pubblico e inoltre vanno installate video camere di sorveglianza su quanto accade all’interno. Oltre le stragi dovute all’epidemia, girano video delle forze dell’ordine agghiaccianti, dove si vedono anziani indifesi spesso picchiati e umiliati. In alternativa, nei casi ove non sia necessaria un’assistenza medica continua nelle 24 ore della giornata, occorre potenziare e finanziare la cura e l’assistenza a domicilio con personale sanitario e socio-sanitario per la presa in carico degli anziani rimasti soli in casa e dei senza fissa dimora.
Il percorso per attuare tutto ciò è irto di difficoltà e necessita dell’impegno attivo di tutti/e ma se non ora, quando?
Commenti recenti