photo credits: Mark Turnauckas
Le Misure urgenti connesse alla dichiarazione di emergenza epidemiologica hanno evidenziato, dal marzo 2020, la fragilità dei lavoratori e lavoratrici nell’esposizione al contatto con il pubblico e, nella scuola, i docenti fragili sono stati collocati, per posizione giuridico-normativa, accanto ai docenti inidonei (in quanto docenti inidonei temporanei).
Nella relativa normativa di accompagnamento (circolari, decreti e conversioni in legge di decreti legge), però, nulla si dice rispetto ai lavoratori e alle lavoratrici già giudicati inidonei prima del manifestarsi della pandemia da COVID-19, una “dimenticanza”, che sa di “rimozione”, visto che tali docenti presentano una doppia fragilità. La prima connessa alle gravi patologie per le quali sono stati dichiarati inidonei (temporanei o permanenti) indipendentemente dall’attuale situazione epidemiologia; la seconda determinata dalla pandemia, che aggrava il quadro precedente, inserendo i docenti già inidonei in un ulteriore stato di emergenza. La dimenticanza conferma, in realtà, almeno a chi segue la vicenda dei docenti inidonei da tempo, l’approccio “fobico” che la nostra società ha nei confronti della malattia, così come della morte, che da un lato costituisce un’ossessione, ma dall’altro, nell’atto pratico della tutela del fragile, al di là della retorica della condivisione della sofferenza, tende a relegare i fragili in uno spazio altro, nel quali nasconderli e, spesso, vessarli.
L’effetto Lucifero
Sembrerà strano, ma ciò che unisce le due tipologie di fragili, nei racconti dei moltissimi docenti che ci contattano e chiedono aiuto, è proprio “l’effetto Lucifero” che la condizione di malati o fragili rende tangibile. Effetto Lucifero fu chiamato, infatti, quanto emerso dall’esperimento condotto dal professor Zimbardo nell’Università di Stanford, nel 1971, per comprendere il comportamento dei gruppi sociali in base alla propria appartenenza. Così, i seminterrati dell’università furono trasformati in una vera e propria prigione e lì furono rinchiusi due gruppi di volontari: a un gruppo fu assegnato il ruolo di guardie e all’altro quello di detenuti. Dopo soli cinque giorni l’esperimento fu sospeso per i gravi episodi di violenza che gli “agenti” stavano perpetrando nei confronti dei “detenuti” i quali, dopo un primo atto di ribellione, dimostravano forte deindividuazione, paura e diminuita consapevolezza di sé.
Proprio questo sembra accadere nei confronti di inidonei e fragili, apparentemente tutelati dalle norme, ma in realtà da queste penalizzati fortemente, tanto che il loro orario di lavoro viene raddoppiato, portandolo dalle 18-22-24 ore cattedra alle 36 ore settimanali degli inidonei (tra i quali i docenti fragili), facendo assumere al personale le stesse norme sulle ferie, sui permessi brevi, sui ritardi e recuperi compensativi del personale ATA, nonostante gli inidonei/fragili rimangano docenti e non siano in organico tra il personale tecnico-amministrativo. Non ci sarebbe, quindi, a rigore, alcuna necessità di farli rimanere a scuola anche senza attività didattiche attive, mentre in questo modo, nonostante le patologie e fragilità, sono costretti ad andare a scuola, insieme al personale ATA, pur essendo fragili e avendo bisogno di cautele nel prendere mezzi di trasporto ed entrare in contatto con altre persone (come è avvenuto durante le festività natalizie, ad esempio).
In questa contraddizione di fondo si colloca l’atteggiamento di Dirigenti scolastici, DSGA, personale amministrativo in generale che (eccezion fatta che per alcuni casi), arrivano a “perseguitare” i docenti inidonei negando loro il lavoro agile (pur normativamente previsto) e pretendendo, anche di fronte a gravi patologie invalidanti, la loro presenza a scuola ogni giorno. A tutto questo si sottomettono spesso i colleghi inidonei/fragili, che già sfibrati dalle proprie patologie non riescono a sostenere lo “scontro quotidiano” sul proprio posto di lavoro e preferiscono la malattia d’ufficio (richiesta o imposta), anche se questa costa loro decurtazioni stipendiali, sino al rischio del licenziamento. Per l’oggettivo prolungarsi del periodo di emergenza epidemiologica, tale quadro rischia di aggravarsi ulteriormente e di diventare insostenibile per i lavoratori e le lavoratrici in precario stato di salute che sarebbero, in verità, tutelati innanzitutto dalla Costituzione “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”(art 32), mentre invece, in particolare nella seconda fase della pandemia e della ripresa nel settembre scorso delle attività scolastiche, tali tutele non sono sembrate valide.
Il ruolo del CESP
Come ristretto gruppo di lavoro prima, da marzo scorso, e poi con l’intera organizzazione, gli inidonei si sono mossi con i Cobas con continuità e precisione, arrivando a dialogare con rappresentanti del Ministero della Sanità e dell’Istruzione e mantenendo canali aperti, grazie a contatti diretti con i parlamentari dei vari gruppi politici (Fioramonti, Puglisi, Catalfo). Il CESP ha organizzato anche diversi convegni online per raggiungere, con le informazioni e le nuove direttive, il maggior numero possibile di iscritti e no, mantenendo la segreteria nazionale, coadiuvata da alcuni collaboratori, attiva tutti i giorni, per riuscire a rispondere alle diverse richieste di docenti inidonei e fragili, provenienti da tutta Italia.
La condizione di inidoneità di cui parlano le norme purtroppo non è del tutto propria rispetto alla condizione reale dei lavoratori e lavoratrici inidonei/fragili, anche perché il legislatore odierno non è al corrente di tutto quello che ha riguardato la categoria negli ultimi anni. Anche per questo motivo, con documentazioni e risposte, siamo andati a cercare nelle loro sedi interlocutori che prestassero orecchio a chi dell’inidoneità all’insegnamento sapeva, perché nelle pregresse mobilitazioni erano già stati contattati dal gruppo storico degli inidonei che ha incassato importanti conquiste, tra cui quella di mantenere il proprio ruolo di docenti e restituire al personale ATA alcune migliaia di posti.
Nei recenti emendamenti sembrerebbe essere stata approvata “l’equiparazione” al ricovero ospedaliero della malattia dei docenti fragili e quest’ultima, perciò, non è computabile, sino al 31 gennaio (termine dello stato di emergenza) nel periodo del comporto, quindi non sono previste decurtazioni stipendiali. Questo non può che farci piacere, in quanto risponde ad una nostra precisa richiesta presentata ai ministeri interessati sin dal settembre scorso, tanto che in prima battuta i ministeri avevano prorogato tale equiparazione sino al 15 ottobre, perché era quello il termine dell’emergenza COVID. Ora il termine è stato ancora prorogato e, certo, non si capisce perché il Governo non abbia scritto direttamente “sino al termine dello stato di emergenza”, perché proprio per quanto sopra evidenziato, nel caso questo dovesse essere prolungato, si dovrebbe ricominciare l’estenuante trafila dei colloqui presso i ministeri, dei contatti con i politici, delle diffide nei confronti di dirigenti e DSGA che tentano di intimorire i docenti inidonei/fragili ponendoli in malattia d’ufficio senza alcuna sicurezza rispetto al comporto della malattia.
Nel frattempo, superato nuovamente questo scoglio, continuano a palesarsi le difficoltà di relazione e del riconoscimento dei propri diritti come docenti nelle scuole di appartenenza e, per questo, non possiamo che raccomandare di non esitate a rivolgersi ai Cobas per una corretta applicazione del contratto e della normativa più recente e al CESP per gli interventi di approfondimento sulle problematiche connesse alla condizione di inidoneità.
Le nostre richieste ancora inevase
Per il resto rimangono tutte le altre richieste ancora non assunte dal governo:
a) rivedere l’istituto contrattuale in base al quale i docenti inidonei vengono utilizzati per 36 ore settimanali, riconducendo, invece, l’orario a quello dei docenti curricolari;
b) non legare i docenti inidonei/fragili alle norme sulle ferie, sui permessi brevi, sui ritardi e recuperi compensativi del personale ATA, in quanto i docenti inidonei/fragili rimangono docenti e non sono in organico tra il personale tecnico-amministrativo;
c) estendere il diritto al riconoscimento della fragilità anche ai docenti con problematiche psichiatriche, in quanto spesso queste comportano gravi stati ansiosi che si uniscono a malattie che, pur non rientranti nel quadro delle patologie riconosciute, aggravano fortemente lo stato di salute dei singoli;
d) non sottoporre i docenti già dichiarati inidonei prima dell’attuale emergenza sanitaria ad ulteriore accertamenti ma, su richiesta del docente, di trasferire semplicemente al medico competente o all’INAIL/ASL, etc., la documentazione già esistente a scuola;
e) garantire il diritto al lavoro agile a tutti/e coloro che lo richiedono, per tutto il periodo di sorveglianza sanitaria eccezionale;
f) prevedere il rinnovo automatico del diritto alla malattia senza comporto nel caso in cui la “sorveglianza sanitaria eccezionale” al momento prevista sino al 31 gennaio 2021, dovesse prolungarsi, per evitare inutili contenziosi nei confronti dell’amministrazione.
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