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La situazione del precariato nella scuola appare lontana da una possibile soluzione e, con il passare del tempo, presenta elementi di criticità sempre maggiori. Stando alle stime più prudenti, l’anno scolastico in corso si è aperto con 150.000 supplenze annuali; ad esse vanno aggiunte le varie tipologie di supplenze brevi, davvero impossibili da calcolare, tra cui spiccano quelle sul cosiddetto “organico Covid”, la vera novità degli ultimi due anni. Nato per far fronte ai danni causati dall’emergenza pandemica – e pertanto lontano anni luce, nelle intenzioni del governo, da qualsiasi ipotesi di riconferma in futuro – esso si è dimostrato uno strumento assai importante per colmare, almeno in parte, le numerose lacune prodotte da decenni di tagli alla spesa per l’istruzione. Ma le modalità di utilizzo dello stesso all’interno delle scuole suscitano più di qualche preoccupazione: precari tra i precari, con contratti rinnovati a singhiozzo e incerti fino all’ultimo giorno, i “docenti Covid” sono stati investiti nella maggior parte dei casi di un ruolo da tappabuchi, percepito quasi come subalterno, a volte dagli stessi colleghi. Un dato su cui riflettere, soprattutto in vista del prossimo rinnovo del CCNL, nel quale bisognerebbe puntare ad avvicinare i diritti dei precari a quelli dei docenti di ruolo – ad esempio prevedendo anche per loro permessi retribuiti, quantomeno per partecipare ai concorsi – e non certo ad approfondirne le differenze nelle condizioni lavorative.
Sempre più preoccupante, inoltre, la difficoltà che già da qualche anno si riscontra nel trovare supplenti provvisti del titolo di studio richiesto. Questa circostanza, che caratterizza soprattutto la scuola primaria in diverse province del nord, rende del tutto incomprensibile la logica fortemente selettiva cui sembrano improntati gli ultimi concorsi.
Sull’ultima stagione selettiva
Se si esclude il percorso finalizzato unicamente al conseguimento dell’abilitazione, di cui al momento si sono perse le tracce, nell’ultimo anno e mezzo, accompagnate da polemiche e contestazioni, si sono svolte o sono state avviate tutte le procedure concorsuali bandite nell’estate 2020: il concorso straordinario per i docenti della scuola secondaria con almeno tre anni di servizio, il concorso ordinario per i docenti di infanzia e primaria e il concorso ordinario per i docenti della scuola secondaria, quest’ultimo anticipato, all’inizio della scorsa estate, da un ulteriore concorso ordinario, bandito unicamente nelle materie STEM.
Per quanto riguarda il concorso straordinario per la scuola secondaria, iniziato, interrotto e poi ripreso in piena pandemia, ben 10 mila dei 32 mila posti messi a bando sono rimasti vuoti. Ciò è da imputare in primo luogo alle caratteristiche da vera e propria gara di velocità della prova scritta, che consisteva nel preparare 5 unità didattiche in circa due ore, nonché ai criteri di accesso ai posti di sostegno, talmente restrittivi da non permettere di trovare un numero di candidati sufficiente a coprirli. Nel complesso la percentuale degli idonei si è attestata attorno al 43% dei partecipanti.
Il concorso STEM, invece, è stato bandito per 6129 posti il 15 giugno 2021 e ha visto svolgersi tutti gli scritti tra il 2 e l’8 luglio, in alcuni casi, quindi, a neanche venti giorni di distanza dal bando. Esso, come si diceva, ha rappresentato un’anticipazione del concorso ordinario ed ha costituito anche la prima sperimentazione del quizzone a crocette.
Il fallimento di quest’ultima procedura è stato subito evidente (bocciature superiori all’80% e posti rimasti in molti casi vacanti), tanto che recentemente si è reso necessario organizzare un secondo giro di prove per le medesime classi di concorso. Tutto ciò però non ha determinato una messa in discussione delle modalità selettive alla base della stessa. Il quiz di 50 domande computer based, al contrario, è stato mantenuto anche per i due successivi concorsi ordinari, quello per gli insegnanti di infanzia e primaria bandito a novembre per 12.863 posti e quello per le altre classi di concorso della scuola secondaria, le cui prove sono iniziate il 14 marzo e sono tuttora in via di svolgimento: con esiti a dir poco disastrosi, in molti casi, e percentuali di bocciature fino al 90%, che tanta indignazione stanno giustamente suscitando nelle cronache odierne.
Dovrebbe essere bandito a giorni, infine, un altro concorso straordinario per la scuola secondaria, riservato a chi è in possesso degli stessi requisiti dell’analoga procedura dello scorso anno, e a cui è dedicato uno specifico articolo di questa rivista.
Il caso del sostegno
Le selezioni appena descritte hanno riguardato e riguardano anche i posti di sostegno, ma in questo caso la situazione presenta alcune specificità. Se è vero che esiste quella che il governo è il primo a definire “emergenza sostegno” è anche perché in questi anni l’assunzione su tali cattedre è stata resa possibile solo per il personale specializzato. Un’emergenza, quindi, determinata non solo dal basso numero di posti messi a disposizione dagli atenei per i percorsi di specializzazione e dai costi non certo irrisori della formazione a carico dei docenti, ma anche dal fatto che il ministero dell’Istruzione non ha mai voluto considerare ai fini delle immissioni in ruolo tutti quei docenti che in questi anni hanno maturato servizio su sostegno anche senza aver potuto conseguire il titolo. Tali docenti infatti sono stati tagliati fuori da tutte le procedure previste, né è stato garantito loro un adeguato percorso formativo. Uno sfruttamento usa e getta davvero inaccettabile.
Sull’imminente riordino del reclutamento
Nel corso della lunga stagione selettiva appena descritta, il ministro Bianchi ha più volte annunciato l’intenzione di riordinare il sistema di formazione e reclutamento degli insegnanti. Un testo di riforma, secondo le ultime notizie, dovrebbe essere varato entro giugno, ma le pochissime informazioni disponibili a riguardo, purtroppo, portano a immaginare la definizione dell’ennesimo percorso a ostacoli; non certo l’ideale per coprire le decine di migliaia di posti perennemente vacanti nelle scuole italiane né per affrontare in modo strutturale la questione del precariato. Per raggiungere questi due obiettivi, lo diciamo da tempo, è necessario riorganizzare un sistema basato sul meccanismo del doppio canale, che permetta di affiancare ai concorsi una graduatoria di accesso diretto al ruolo per TUTTI i docenti con almeno tre anni di servizio e, per quanto riguarda la scuola secondaria, un percorso formativo successivo all’assunzione, interamente gratuito per i docenti e quindi a carico dello stato, da svolgersi nel corso dell’anno di prova.
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