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Il periodo di interruzione delle attività “trattamentali” in carcere in conseguenza delle prescrizioni sanitarie dovute alla pandemia, ha contribuito a mettere in rilievo (nella complessità del rapporto tra Istituzione scolastica e Amministrazione penitenziaria) la necessità di ricalibrare gli interventi previsti, tenendo conto delle profonde trasformazioni in atto e delle potenzialità interne che tali trasformazioni possono comportare, così come delle criticità in essa contenute.
Il modello progettuale che il CESP-Rete delle scuole ristrette ha realizzato in questi anni ha dimostrato la propria validità in termini di cambiamento della prospettiva di vita, in particolare per quei detenuti, inseriti o provenienti da percorsi scolastici interni agli istituti, che hanno ricevuto una formazione che ha tenuto conto, tanto del diritto all’istruzione/formazione, quanto del diritto di ogni cittadino/a alla conoscenza. È stato così confermato, proprio durante il lockdown, che per essere efficace e produrre risultati percentualmente rilevanti un percorso ha bisogno di avere ambienti dedicati (da dotare anche di adeguate tecnologie digitali utilizzabili in ogni contesto) e di essere strutturato in più istituti penitenziari. Così, tanto più in questo periodo di “doppia reclusione” dei detenuti, l’attività del CESP-Rete delle scuole ristrette è stata caratterizzata dall’impegno nel diffondere le esperienze positive già svolte in un consistente numero di istituti.
Il Salone del libro di Torino
La prima iniziativa è stata la partecipazione al progetto Adotta uno scrittore “in carcere” del Salone Internazionale del Libro di Torino che, in accordo con il CESP, ha aperto alla Rete delle scuole ristrette la partecipazione al progetto più antico del Salone, che in questi anni ha portato la lettura in 369 classi e 19 istituti penitenziari. L’iniziativa ha previsto l’adozione di un diverso autore/rice, in ognuno degli istituti coinvolti, ospite per tre mattine in un carcere, per uno scambio diretto con gli studenti ristretti, dopo la consegna dei rispettivi libri a ciascuno degli studenti partecipanti. A Rebibbia verrà Donatella Di Pietrantonio, autrice di Mia madre è un fiume, L’Arminuta (vincitore dei premi Campiello e Napoli) e Borgo Sud (finalista al Premio Strega di quest’anno).
A metà ottobre ci sarà, al Lingotto di Torino, la restituzione dell’esperienza da parte delle scuole coinvolte e sarà realizzato un documentario, proiettato il 18 ottobre 2021 nel corso dell’incontro conclusivo al Salone del Libro. In questa edizione il video sarà girato in sole 6 scuole – di cui due sedi carcerarie – , vista la difficoltà di avere studenti “ristretti” in presenza (anche se la Rete è riuscita in passato a portare a Torino anche alunni detenuti e ad avere la presenza di ex studenti che hanno continuato a seguire i propri docenti).
Il Festival dei Due Mondi di Spoleto
L’ultimo appuntamento in presenza della Rete delle scuole ristrette, prima del dilagare della pandemia, si è svolto a Matera, nel novembre 2019, nell’ambito del ciclo “Con lo sguardo di dentro: Matera 2019 capitale europea della cultura. Diritto di accesso e partecipazione dei detenuti alla vita culturale della società”. Nel Teatro Guerrieri della città si sono allestite mostre, svolte rappresentazioni teatrali, presentati i lavori della Rete delle scuole ristrette, fatti bilanci e declinate prospettive, alla presenza degli attori principali dell’esecuzione penale: i detenuti che, con i docenti, si sono rapportati alla cittadinanza che li ha accolti, li ha ascoltati, li ha seguiti ed applauditi, in tre giorni di seminari e di spettacoli. Per segnare una continuità, dall’allora al qui, pur nel solco scavato dal COVID-19 nelle vite di ognuno/a, la Rete ha deciso di ricominciare, anche in presenza, con la VI Giornata Nazionale del Mondo che non c’è, il seminario di due giorni “come un filo che si intreccia nell’ordito”, che si svolgerà a Spoleto, nell’ambito del Festival Dei Due Mondi, il 9 e il 10 luglio prossimi (in presenza e da remoto), ripresentando alcuni spettacoli e lavori esposti in quegli incontri, cui se ne aggiungeranno di nuovi e ragionando, insieme, di cosa sia accaduto in carcere in quest’anno e mezzo che ci separa da quell’incontro.
Per questo nella prima delle due giornate seminariali, si istituirà un Tavolo di confronto su “Gli Stati Generali dell’esecuzione penale e la nuova cultura della pena” per valutare cosa rimane, a cinque anni dalla conclusione di quei lavori e dopo lo tsunami della pandemia, di quel disegno “complessivamente ambizioso e profondamente innovativo” con il quale si segnava il passaggio da una cultura della pena come puro controllo a quella della conoscenza, per dare nuovo senso e assetto alla realtà dell’esecuzione penale. Nella seconda giornata seminariale si parlerà di teatro, cultura e lavoro nell’esecuzione penale e saranno presentati:
Nello stesso contesto la Rete presenterà un piano progettuale “Microambienti penitenziari quali modelli di società civile: Biblioteche innovative in carcere; Arti e Mestieri: dalla bottega all’impresa e dall’impresa alla bottega; Cibo, cultura e biodiversità”, che coinvolgerà 18 istituti penitenziari siti in 9 Regioni, a cui si richiede l’agibilità di spazi formativi/interattivi (dotati anche delle tecnologie digitali necessarie) per sviluppare progetti che uniscono cultura e spendibilità delle conoscenze acquisite in ambito lavorativo.
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