Missione possibile

Reclutamento. Difendiamo il doppio canale per garantire i diritti di tutti/e

photo credits: Arek Socha

Secondo un articolo pubblicato lo scorso 13 marzo da La Repubblica, nell’anno scolastico 2018/19 i/le docenti assunti/e con contratto a tempo determinato (di supplenza annuale o fino al termine delle attività didattiche) sono stati circa 164.000, vale a dire il 20% dell’intera categoria. Se consideriamo inoltre che la mancanza di candidati/e nelle GM e nelle GaE non permetterà di coprire tutti i posti che il Ministero ha autorizzato per le assunzioni a tempo indeterminato – così come accadde anche lo scorso anno, quando, per gli stessi motivi, più della metà dei 58.000 posti rimasero scoperti – e il fatto che i posti liberati dai pensionamenti di quota 100 non sono stati resi disponibili ai fini dell’immissione in ruolo, è molto probabile che a settembre questo numero possa aumentare.

Sono passati pochi anni dalla “Buona Scuola” di Renzi, dalla promessa di guarire la scuola italiana dalla supplentite e risolvere così, una volta per tutte, la piaga del precariato. Eppure il fenomeno appare sempre più vasto e trascurato.

Si tratta di una situazione inaccettabile, di fronte alla quale i provvedimenti annunciati dal governo Lega-5 Stelle appaiono assolutamente inadeguati e andrebbero sensibilmente rivisti.

 

Le procedure di assunzione attualmente previste

Per quanto riguarda la scuola secondaria e le procedure concorsuali che dovrebbero essere bandite entro la fine dell’anno, bisognerebbe quantomeno eliminare il carattere selettivo attribuito al concorso riservato (giustamente rivolto solo a quanti/e hanno maturato i requisiti di servizio nella scuola statale); rispetto al concorso ordinario andrebbe abolito il limite di partecipazione per un’unica classe di concorso dello stesso ordine di scuola e il vincolo di permanenza quinquennale nella scuola assegnata ai vincitori e alle vincitrici. Quanto al PAS, francamente non è facile comprenderne l’utilità in un contesto in cui il concorso torna a essere abilitante e l’unico effetto che il suo conseguimento provocherebbe sarebbe il passaggio dalla terza alla seconda fascia nelle Graduatorie di Istituto. Che si tratti solo di un favore alle scuole private? In ogni caso meglio di no.

Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia e la scuola primaria – e quindi l’annosa vicenda dei/lle diplomati/e magistrale – risulta invece sempre più urgente un provvedimento che garantisca la stabilizzazione sul posto occupato di tutti/e i/le colleghi/e immessi/e in ruolo con riserva nello scorso anno scolastico, così come quella di tutti/e i/le colleghi/e che saranno immessi/e con riserva quest’anno. A tale proposito, al fine di evitare che gli Uffici Scolastici locali procedano in modo diverso, riteniamo necessario che il MIUR emani indicazioni chiare sulle procedure da seguire per gestire in questo senso la questione.

 

L’assegnazione delle supplenze

Il Miur dovrebbe preoccuparsi di fornire agli Ambiti Territoriali indicazioni altrettanto chiare riguardo alle procedure di assegnazione delle supplenze, al fine di evitare i gravi disagi, la confusione e gli arbitrii che hanno caratterizzato le operazioni dello scorso settembre, quando, in attesa della pubblicazione delle Graduatorie d’Istituto definitive e in assenza di disposizioni precise e uniformi da parte del Ministero, ogni Ufficio Scolastico ha proceduto in modo autonomo.

Secondo il citato articolo di Repubblica, inoltre, lo scorso anno scolastico ben 11.000 incarichi sono stati assegnati tramite il meccanismo della messa a disposizione (MAD), la chiamata diretta dei precari. Un dato allarmante che si può affrontare solo attraverso la riapertura delle Graduatorie di Istituto di III fascia a nuovi inserimenti e non limitandosi ad aggiornare i punteggi di chi vi è già presente, come attualmente previsto per il 2020.

A questo proposito, andrebbe finalmente rilevato un dato di fatto: con il progressivo svuotamento delle Graduatorie ad Esaurimento, soprattutto nella scuola secondaria, da molti anni ormai, in numerose province, la maggior parte degli incarichi viene conferita attraverso la II e la III fascia della Graduatorie di Istituto. Continua a essere sempre più attuale e urgente, pertanto, la nostra ormai vecchia richiesta di trasformare le Graduatorie di Istituto in Graduatorie Provinciali e di assegnare tramite queste, attraverso una convocazione unitaria da parte dell’Ufficio Scolastico Provinciale, tutte le supplenze annuali e fino al termine delle attività didattiche. Utilizzando le stesse graduatorie, invece, le singole scuole dovrebbero continuare a occuparsi unicamente delle chiamate per le supplenze brevi. In questo modo le operazioni sarebbero molto più semplici, veloci e, soprattutto, trasparenti, poiché ridurrebbero al minimo i tristi fenomeni di assegnazione “pilotata” delle supplenze che si verificano ogni anno.

 

Per affrontare il problema in modo serio

Detto questo, per affrontare seriamente il fenomeno del precariato nella scuola bisognerebbe compiere alcuni passi fondamentali.

  1. Innanzitutto, si dovrebbe eliminare l’inutile distinzione tra posti in organico di diritto e posti in organico di fatto e quindi procedere ogni anno all’assunzione a tempo indeterminato su TUTTI i posti realmente disponibili. Questa operazione basterebbe già da sola a ridurne sensibilmente la consistenza, ma non sarebbe sufficiente.
  2. Contemporaneamente, infatti, bisognerebbe smettere di considerare il precariato come un’emergenza o come un problema a cui dare risposte parziali – magari in corrispondenza di scadenze elettorali – e capire che, date le particolari caratteristiche del lavoro a scuola e quindi la necessità di ricorrere in modo non sempre prevedibile a un certo numero di sostituzioni del personale assente, una piccola quota di personale precario è probabilmente fisiologica o comunque assai difficile da eliminare. Il sistema di reclutamento, pertanto, deve tenerne conto in modo strutturale e non può fare a meno del doppio canale.
  3. Bisognerebbe smascherare i soggetti che sui precari e sulle precarie ci guadagnano e impedire che continuino a farlo: non solo lo Stato che risparmia sugli stipendi, ma anche tutti quegli enti di formazione e quegli studi legali che propinano loro corsi e ricorsi su qualsiasi cosa, sfruttandone spesso la disperazione e mettendoli sempre gli/le uni/e contro gli/le altri/e.
  4. Bisognerebbe liberarsi dalla falsa retorica del merito sulla quale da anni ormai si insiste per provare a ripristinare il concorso ordinario come unica strada di accesso alla stabilizzazione.
  5. Bisognerebbe finalmente riconoscere il valore formativo e quindi “abilitante” dell’esperienza maturata sul campo dopo anni di servizio nella scuola e attribuire ad essa lo stesso valore che si attribuisce al superamento di un concorso.
  6. Infine, per quanto attiene alla secondaria, bisognerebbe accogliere i pochi elementi positivi contenuti nel dlgs 59/2017, laddove tra mille aspetti problematici prevedeva la formazione (retribuita e a carico dello Stato) come un momento successivo a quello del reclutamento.

 

La proposta dei Cobas

Sulla base di queste considerazioni riteniamo necessario la conservazione del doppio canale, l’unico sistema in grado di garantire in modo strutturale, da un lato, la possibilità di entrare subito nella scuola in modo stabile a chi, magari appena laureato, vi si avvicina per la prima volta, dall’altro, il diritto all’assunzione a tempo indeterminato di chi della scuola garantisce ogni anno il funzionamento con il suo lavoro da precario. Un doppio canale che permetta ogni anno di assumere a tempo indeterminato il 50% degli insegnanti dalle Graduatorie di Merito e il restante 50% dalle Graduatorie ad Esaurimento che andranno per ovvi motivi ri-trasformate in Graduatorie Permanenti. Le prime saranno composte da tutti i vincitori e le vincitrici del concorso ordinario a cui sarà possibile partecipare essendo in possesso della laurea in Scienze della formazione primaria (corso per accedere al quale chiediamo che venga eliminato il numero chiuso), per quanto riguarda la scuola dell’infanzia e la scuola primaria, oppure del titolo di studio valido per l’insegnamento di una determinata disciplina, per quanto riguarda la scuola secondaria (no ai 24 CFU!).

Le seconde saranno composte da tutti gli insegnanti e le insegnanti che avranno totalizzato almeno 3 anni scolastici di servizio a tempo determinato nella scuola statale (non sarà possibile far valere il servizio nella scuola paritaria); da coloro che avranno superato, ma non vinto, un concorso ordinario (gli “idonei“); da tutti i laureati e le laureate in Scienze della formazione primaria (il cui titolo è già di per sé abilitante e non necessita di ulteriori requisiti di servizio). A questo punto, gli/le assunti/e a tempo indeterminato da una qualsiasi delle due graduatorie nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, avendo già svolto il proprio percorso di formazione professionale durante il corso di studi, svolgeranno il consueto anno di prova. Gli/Le assunti/e a tempo indeterminato da una qualsiasi delle due graduatorie nella scuola secondaria, invece, svolgeranno un “vero” anno di formazione e prova, regolarmente retribuito, all’interno del quale metà dell’orario di servizio sarà dedicato all’insegnamento in classe e metà ad attività di formazione didattico-pedagogica (corsi teorico-pratici in collaborazione con l’Università, osservazione di colleghi/e, tirocinio ecc.).

Riteniamo infine che lo stesso modello debba costituire la traccia anche per un sistema di stabilizzazione su posti di sostegno. La complessità di tale situazione, caratterizzata, tra l’altro, da un ampio scarto tra organico di fatto e organico di diritto, dalle limitanti modalità di conseguimento del titolo di specializzazione, dal frequente ricorso a personale della terza fascia spesso ai primi anni di servizio, necessita di uno spazio di analisi specifico.