Sono appoggiato sul davanzale dell’aula docenti e ho lo sguardo perso nel vuoto della strada deserta al mattino. Vedo sciamare qualche auto e pochi pedoni. L’anno scolastico è quasi giunto al capolinea, come quando il bus si ferma, ogni santa mattina, dinanzi al cancello della mia scuola.
Un anno terribile e indecifrabile, con la sua carica di incertezze e di paure. Eccolo che arriva, il bus. I ragazzi scendono tra il chiasso e le risa. Non si vede più la condensa dei loro respiri mentre, diligentemente distanziati all’ingresso, si dirigono verso le loro ore quotidiane di scuola, dense di incombenze, scadenze, presenze, assenze e soprattutto dissolvenze. Sì, come nella fotografia e nel montaggio digitale, il trascorrere delle nostre vite tra queste mura si dissolve, lasciando spazio alla diapositiva successiva. E poco importa se la mattina ci sediamo dietro o davanti alla cattedra.
I nostri sogni, di studenti e professori, le nostre emozioni sono le stesse. Possiamo fare di tutto per fingere il contrario, ma si tratta di una certezza inequivocabile. E speriamo che qualcuno realizzi una bella presentazione in Power Point capace di raccontare un altro anno trascorso, che non vuol dire solo la conta delle verifiche, delle medie aritmetiche, delle assenze o dei debiti da saldare con la sacra giustizia scolastica. Vuol dire dare una forma a quell’informe condensa mattutina. Difficile da decifrare come il percorso della polvere che ci affascina, svolazzando tra i banchi durante la lettura di qualche verso di Montale o mentre qualcuno illustra una formula matematica. Noi proviamo a seguirlo quel misterioso percorso, lungo le orme di questo diario multimediale, fatto di odori, suoni ed emozioni che solo per semplicità chiamiamo scuola. Le sue orme hanno la forma dei quadrimestri, delle settimane, delle ore passate insieme, incise con più o meno intensità sul terreno della vita dei ragazzi. Scolpiti sulle pagine di questo diario i loro volti e le nostre voci stridule, le loro risate e le nostre passioni, i loro sospiri e i nostri, tutti su un unico libro di testo non adottabile, non acquistabile, assolutamente fuori commercio e fuori mercato. Un immaginario diario multimediale da sfoggiare, con la forza dei nostri racconti, della nostra lucida memoria, in un fresco sabato sera di fronte al mare d’agosto. E un diario da sfogliare, pieno di incontri. Sì, perché la cosa più importante che ci succede tra queste quattro mura scalcinate sono gli incontri. Ci incontriamo ogni mattina tra simili e tra diversi. Incontriamo le frustrazioni di pochi e le ambizioni di molti, ma soprattutto facciamo i conti coi sogni dei ragazzi, i loro desideri, le parole non dette tra i corridoi, le ambizioni. E ce ne freghiamo allegramente dei piani di lavoro, delle incombenze, delle scadenze, delle scemenze.
D’altronde un anno scolastico è fatto soprattutto di baci nascosti sotto le finestre, stretti stretti tra i corridoi, come le voci in sottofondo che si sentono quando passi da un piano all’altro, di fughe improvvise, di bisbigli, di imboscate e di capannelli non autorizzati, di coppie rincantucciate in un angolo, di occhiate sull’uscio delle classi altrui; altro che programmazioni per competenze e piani di lavoro. Qua valutiamo la nuda vita, non abbiamo tempo per altro. Il bus riparte e suona la campana, ma non è per me che suona la campana. Lo vedo scivolare via sull’asfalto, lasciandosi dietro una nuvola di gasolio bruciato. Inutile che me lo veniate a chiedere, questa è la mia ora buca e non è suonata per me quella campana. È per voi che suona.
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