La Caporetto della previdenza privatizzata

L'ennesimo flop dei Fondi Pensione nel 2018

Un po’ di storia

Il primo flop dei Fondi Pensione Negoziali (quelli chiusi, contrattuali, sindacali) lo registrarono alla loro nascita nel 2007. In realtà non si trattava della nascita, piuttosto si trattava di un lancio dopo un concepimento e una gestazione durata 19 anni dalla istituzione formale ad opera dal governo Amanto ne1993.

Nell’anno 2007 ci fu invece il vero lancio dei Fondi Pensione Negoziali (FPN) il cui esito fu un flop sonoro, nonostante la grande mobilitazione dei media, dei sindacati di comodo e del Governo che stanziò per la propaganda la bellezza di 17 milioni di euro. E l’unica opposizione fu quella che riuscì a mettere in piedi il Sindacalismo di Base, su una platea di oltre 20 milioni di lavoratori, le adesioni non raggiunsero il milione mentre i protagonisti e la stampa avevano sbandierato previsioni minime intorno ai 10 milioni.

 

Le condizioni di iscrizione ai Fondi Pensione

Ci limitiamo a elencare i tre aspetti più emblematici :

1) L’adesione avveniva mediante il truffaldino processo del “Silenzio Assenso”. Ossia al lavoratore in servizio al 1° gennaio 2007, che non dichiarava nulla sulla destinazione del TFR, questo gli veniva versato al Fondo Pensione di Categoria. Questa truffa è ancora in essere e i lavoratori neoassunti che entro sei mesi non dichiarino esplicitamente la loro volontà di NON ISCRIZIONE si trovano iscritti d’ufficio al Fondo Pensione di Categoria.

2). L’importo del TFR è una parte consistente del Salario Differito: il 6,91 % del salario lordo.

Viene rivalutato ogni anno dell’1,50% in misura fissa, più il 75% dell’inflazione rilevata dall’ISTAT. Oggi l’importo del TFR costituisce oltre la metà dei patrimoni dei FPN.

3) Dall’iscrizione al FPN non si poteva, né si può recedere, per questo noi Cobas li abbiamo definiti FONDI GALERA e FONDI ERGASTOLO.

 

L’arma forte dei Cobas

Ma bisogna anche riconoscere che l’azione di noi oppositori dei FPN ha avuto una forte efficacia nel raccontare una storia diversa da quella dei sindacati collusi. Il ragionamento che lasciava ammutoliti i sindacalisti piazzisti dei FPN era che un prodotto finanziario, in ogni caso, non è un prodotto adatto per il risparmio del salario dei lavoratori. La legge dice e ribadisce che non esiste nessuna garanzia, nessuna tutela né per il rendimento né per il capitale versato. I Fondi Pensione sono solo dei prodotti finanziari privati senza nessuna garanzia; la loro aleatorietà, volatilità è connaturata al mercato finanziario all’interno del quale si collocano.

Dopo il primo flop i governi cercarono di essere più convincenti ed adottarono una normativa che imponeva ai FPN di creare la formula cosiddetta di garanzia. Ossia tra i comparti in cui si articolava ciascun fondo uno almeno doveva dichiarare che sarebbe stata messa tutta la buona volontà perché avesse un rendimento simile o adeguato al rendimento del TFR. Ma nient’altro che la buona volontà, nessuna garanzia, nessuna tutela. L’esito fu una proliferazione di comparti definiti garanzia che non erano per niente garantiti: “Garantito TFR”, “Linea garantita”, “sicurezza”, “garantito conservativo”, “conservativo con garanzia”, “garantito con protezione”. Almeno 35 comparti sui 100 totali hanno in uso la parola “garanzia” o un suo sinonimo, di fatto tutto falso, di garantito non c’è proprio nulla, la pensione integrativa avrà l’importo deciso dal mercato finanziario e da nessun altro.

 

La situazione attuale

Appare sempre più evidente che Confindustria e l’establishment al potere individuano le pensioni integrative e/o complementari a capitalizzazione come un segmento fondamentale del percorso di privatizzazione e finanziarizzazione dell’intero sistema pensionistico pubblico.

Lo stesso processo di finanziarizzazione delle pensioni sta avvenendo in Francia ma con ben altra risposta da parte dei lavoratori, molto più forte di quella italiana

La debole opposizione avvenuta in Italia è testimoniata dal raddoppio del numero di iscritti ai FPN, passati, dopo anni di stallo, a 3milioni e 100mila unità.

Dal 2016 dopo un accordo, Sindacati concertativi, Confindustria, Governo, sul welfare aziendale, l’adesione al FPN non è più soltanto individuale ma può avvenire per via contrattuale (contrattazione di 2° livello, aziendale o territoriale). L’adesione contrattuale – scrive la COVIP (Comissione di Vigilanza sui FP) “deriva da una previsione inserita in un contratto collettivo” però non è ancora una iscrizione definitiva.

All’ATAF di Firenze le RSU hanno fatto sì che l’85% dei dipendenti non aderisse, si sono opposti, con le loro RSU Cobas, e stanno in attesa dell’esito del loro ricorso giudiziario, a febbraio dovrebbe esserci la sentenza. Nel frattempo pure se non iscritti l’azienda paga al fondo il contributo datoriale, ma non viene tolto il TFR ai lavoratori. La COVIP nelle sue relazioni considera questi lavoratori aderenti ma non iscritti.

 

Altre due novità

Confindustria, sindacati compiacenti e Governo hanno aperto la trattativa perché le risorse dei contributi ai FPN possano essere investite nelle Piccole e Medie Industrie italiane. La Confindustria si sta battendo da anni perché la regolamentazione esistente per i vari comparti dei FP possa essere deregolamentata. Se andasse in porto questo disegno uno degli esiti sarebbe che i milioni di euro di passivi bancari (Debiti deteriorati) verrebbero rifilati ai FPN.

L’altra è che i sindacati di comodo, da tempo, chiedono ai governi che l’iscrizione ai FPN diventi obbligatoria. Questo che potrebbe essere considerato fantascienza è già realtà nei Paesi anglosassoni. Coerentemente con la visione liberista e del relativo welfare, in Gran Bretagna come negli USA la pensione pubblica è bassissima (bassi sono anche i contributi). I lavoratori debbono farsi obbligatoriamente un’assicurazione pensionistica, avendo solo la scelta di individuare a chi affidare il proprio risparmio.

 

I rendimenti dei Fondi Pensione

Come già detto non esiste né tutela dei versamenti fatti soprattutto attraverso la devoluzione del TFR, né del valore compensativo delle contribuzioni nel tempo. Tutto è affidato al tipo di investimento che ciascun FPN e ciascun comparto scelgono sul mercato: il capitale versato e il rendimento non possono essere né tutelati né garantiti.

Dal 2007 i rendimenti di decine di comparti di FPN (sui 100 esistenti) sono stati molto spesso pessimi e peggiori di quelli del TFR. A dimostrazione di ciò, in Tab. 1 riportiamo i rendimenti del 2018 (i più recenti resi noti dalla COVIP) dei FP.

Tab. 1 RENDIMENTI DEI FONDI PENSIONE NEL 2018
Fondi Pensione Negoziali (Sindacali, Contrattuali, Chiusi) n.33 – comparti n. 100
Numero comparti che hanno avuto un rendimento inferiore al rendimento del TFR 100
Numero comparti che hanno avuto un rendimento negativo, in perdita 100
Fondi Pensione Aperti (bancari Assicurativi, Ist. Finanziari) n. 34 – comparti n. 180
Numero comparti che hanno avuto un rendimento inferiore al rendimento del TFR 180
Numero comparti che hanno avuto un rendimento negativo, in perdita 180

 

Come si vede inequivocabilmente la totalità dei comparti dei Fondi pensione hanno avuto esito negativo. In più si deve aggiungere anche la perdita del valore della rivalutazione del TFR che nell’anno è stata dell’1,9%. Ben più grave è l’evidenza che c’è stata una perdita nelle risorse già versate con una erosione del capitale accumulato da ciascun lavoratore.

La COVIP non fa numeri assoluti ma indica la perdita media del -2,5%. Il capitale destinato agli investimenti secondo la COVIP indica che il patrimonio complessivo dei FPN in quell’anno ammontava a 50 miliardi di euro. L’ordine di grandezza di perdita del patrimonio quindi dovrebbe superare il miliardo di euro, tutti soldi del risparmio pensionistico dei lavoratori. A cui va aggiunto anche la perdita dovuta alla rivalutazione del TFR.

I dati relativi ai Fondi Pensione Aperti sono importanti per farci capire che non si è trattato di un fenomeno estemporaneo dovuto chissà quale episodio geografico o naturale. Parafrasando Humphrey Bogart in un vecchio film: “È il mercato bellezza! E tu non ci puoi fare niente!”

Molto indicativi sono pure i dati che riportiamo in Tab. 2 relativi al rendimento nell’ultimo triennio.

 

Tab. 2 RENDIMENTI DEI FONDI PENSIONE NELL’UTIMO TRIENNIO (2016-18)
Fondi Pensione Negoziali (Sindacali, Contrattuali, Chiusi) n. 33 – comparti n. 100
Numero comparti che hanno avuto un rendimento inferiore al rendimento del TFR 78
Numero comparti che hanno avuto un rendimento negativo, in perdita 22
Fondi Pensione Aperti (bancari Assicurativi, Ist. Finanziari) n. 34 – comparti n.180
Numero comparti che hanno avuto un rendimento inferiore al rendimento del TFR 88
Numero comparti che hanno avuto un rendimento negativo, in perdita 92

 

Come si legge chiaramente il rendimento è stato pessimo sia per i fondi Pensione Negoziali che per quelli Aperti.

Eppure avevamo ascoltato dai vertici dei sindacati confederali giurare e spergiurare che il rendimento del TFR era troppo basso e che il mercato Finanziario ci avrebbe dato rendimenti decisamente migliori.

Infine diamo uno sguardo ai rendimenti del FPN della scuola, Espero, in Tab. 3, la cui fonte è sempre la Covip.

 

Tab. 3 RENDIMENTO FONDO PENSIONE ESPERO (scuola)
2018 2016-18
Comparto Garanzia – 1,35 – 0,06
Comparto Crescita – 1,90 1,09
Rendimento TFR + 1,9 + 1,7

 

Inoltre la Covip ci informa che nel 2018 erano 105.355 i lavoratori che hanno instaurato un rapporto con Espero, con un calo dello 0,4% rispetto all’anno prima. Rilevante è il numero di coloro che però non versano: il 17%. Considerando tutti i FPN, i non versanti sono 520.458 su un totale di 3.002.322 iscritti. I lavoratori aderenti ad Espero costituiscono l’8,4% di tutti i dipendenti scuola.

 

Conclusioni

Quanto affermiamo dal 2007 resta verificato e confermato dai dati esposti: non esiste nessuna sicurezza, nessuna garanzia, nessuna tutela che il mercato finanziario possa offrire nei confronti del risparmio pensionistico dei lavoratori. Per questa ragione, tra le altre, i paesi del continente Europeo hanno, nel secondo dopoguerra, tutti abbandonato il sistema a capitalizzazione e adottato il sistema a ripartizione antagonista al mercato finanziario, esempio vivente di finanza popolare, solidale, virtuosa e circolare, un vero scandalo per il capitalismo finanziario dei nostri tempi.