Bocciati e sempre più precari

Il concorso docenti e il nuovo sistema di reclutamento

Era facile, da un lato, accusare i sindacati di essere i più ostinati protettori di questi insegnanti ignoranti e, di conseguenza, colpire la loro azione rivendicativa; ma era facile anche accusare la scuola di Stato di sopportare elementi negativi ai quali venivano affidati compiti di grande rilievo, come quello di giudicare i candidati agli esami di maturità […]. Il problema indubbiamente esisteva: era corretto che lo Stato mantenesse in servizio insegnanti giudicati tanto negativamente in concorsi da lui stesso promossi e da commissioni di sua fiducia? Perchè l’insegnante “bocciato” non otteneva il posto di ruolo ma, in qualità di precario, poteva continuare a insegnare se le graduatorie gli consentivano di ottenere la nomina quale incaricato o supplente. Nessuna legge prevedeva il licenziamento di un insegnante per il solo motivo che aveva ottenuto un esito negativo in un concorso; e poi non si trattava di pochi casi isolati, ma di un numero rilevante di persone. Sotto accusa era l’intera scuola italiana, a cominciare dall’università e dai professori universitari che avevano concesso la laurea a persone che si erano dimostrate poi tanto impreparate“.

Quello appena riportato non è un testo proveniente dal futuro, lo stralcio di un libro di storia della scuola del 2066 che ripercorre le tristi vicende del concorso a cattedra attualmente in fase di svolgimento, bensì un passaggio tratto dalle pagine 155-156 del libro di Luigi Ambrosoli, La scuola italiana dal dopoguerra a oggi, edito da Il Mulino nel 1982 e si riferisce al vero e proprio scandalo provocato nel 1957 dall’uscita di un piccolo volume di Annibale Evaristo Breccia – archeologo e storico di fama internazionale, nonché membro e presidente di numerose commissioni di concorsi a cattedre – intitolato, neanche a dirlo, Gli insegnanti bocciati. In esso l’autore aveva raccolto una serie di enormi strafalcioni scritti o pronunciati dai candidati a un concorso a cattedre nelle scuole medie che aveva visto una grandissima quantità di bocciature, provocando l’indignazione sia degli insegnanti che si erano sentiti attaccati e offesi come intera categoria sia di numerosi lettori che ne avevano approfittato per scagliarsi contro l’impreparazione della classe docente nel suo complesso. Come dire: la storia che si ripete.

È sufficiente leggere uno qualsiasi dei numerosissimi articoli relativi alla “grande bocciatura” operata nel concorso del 2016, usciti tra luglio e agosto su tutti i principali quotidiani, per notare la sorprendente quantità di analogie tra la situazione descritta da Ambrosoli e quella attuale. Su tutte la “sconvolgente” constatazione che la maggior parte dei docenti che non hanno superato le prove sarà regolarmente in cattedra, come ogni anno, a partire da settembre. “Non possiamo impedirglielo“, ha dichiarato la ministra Giannini in un’intervista al Corriere della Sera del 13. agosto, sottintendendo che, per legge, non si può negare loro questo diritto. Ma per rispecchiare più correttamente la realtà dei fatti forse avrebbe dovuto dire “Non possiamo permetterci di fare diversamente“, riconoscendo cioè il piccolissimo particolare che senza questi “insegnanti bocciati”, senza cioè buona parte dei più di 100.000 insegnanti precari che anche quest’anno saranno assunti con un contratto a tempo determinato, le scuole italiane non potrebbero funzionare!

Il fatto che l’ultimo concorso fosse accessibile solo a docenti già in possesso dell’abilitazione all’insegnamento, inoltre, rende le vicende dei giorni nostri ancora più gravi e paradossali. E forse non è un caso che questo avvenga proprio mentre al Ministero si sta lavorando alla definizione di un nuovo sistema di reclutamento (secondo quanto previsto da una delle deleghe della legge 107/2015 c’è tempo fino al prossimo gennaio per farlo). Forse non è un caso se, oltre che contro l’impreparazione dei candidati, molti degli addetti ai lavori abbiano puntato il dito anche contro la scarsa efficacia delle precedenti procedure di formazione dei docenti (SSIS, TFA e PAS). Quale migliore esempio dell’esigenza di voltare pagina al più presto, se non l’evidenza fornita dai risultati del concorso? Considerando poi che, in alcuni casi, il numero degli ammessi all’orale risulta addirittura inferiore a quello dei posti messi a bando e che, in generale, non più di uno su due degli attuali abilitati è in grado di superare le prove, è chiaro che non bisogna perdere tempo.

Ed è qui che la situazione si fa, se possibile, ancora più delicata. Perché l’idea contenuta nella legge di invertire finalmente i termini del discorso, facendo precedere il momento della formazione da quello reclutamento, non sarebbe da scartare a priori. Anzi, a patto che non si trasformi in un modo per ottenere lavoro gratuito o sottopagato, può essere davvero uno dei pochi modi per dire basta una volta per tutte al precariato nella scuola. Assai poco chiare, però, risultano le caratteristiche che dovrebbe avere la fase di transizione. Molto forte, infatti, appare il rischio che il governo possa voler provare a tirare una linea – chi è dentro è dentro e chi è fuori è fuori – e far partire tutti da zero, approfittando proprio della manifesta inefficacia delle vigenti procedure di formazione degli insegnanti evidenziata dal concorso.

È per questo che qualsiasi ipotesi di cambiamento non può essere presa in considerazione se non prevede prima l’assunzione di tutti precari che da anni rendono possibile il funzionamento delle nostre scuole e che, nonostante i proclami della “buona scuola”, continueranno a farlo anche quest’anno. È per questo che la nostra rivendicazione deve continuare a essere l’inserimento di tutti i precari nelle Gae e, nei casi in cui queste dovessero risultare già esaurite, la creazione di analoghe graduatorie provinciali valide sia per il conferimento delle supplenze annuali sia per l’assegnazione dei contratti a tempo indeterminato.

A tale proposito, lo scorso 10 agosto il MIUR ha finalmente reso noti i numeri relativi alle assunzioni previste per l’anno scolastico che sta per iniziare. Si parla di 32.419 insegnanti di cui 25.198 su posto comune e 7.221 su sostegno. Secondo la legge in vigore, esse verranno effettuate per il 50% dalle Graduatorie di merito e per il 50% dalle Graduatorie a esaurimento. È chiaro, quindi, che buona parte delle stesse non avrà luogo nei primi quindici giorni di settembre come stabilito, poiché il concorso è ancora in fase di svolgimento (in alcuni casi gli esiti non saranno noti prima di dicembre) e, per quanto riguarda alcune classi di concorso, anche le GaE potrebbero essere vuote in seguito al piano di assunzioni dello scorso anno. Con la paradossale situazione di decine di migliaia di docenti abilitati presenti nella seconda fascia d’istituto che vedranno attribuirsi al massimo una supplenza annuale.