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Le figure di Assistente alla Comunicazione e di Assistente all’Autonomia sono stata istituite con la L. 104/92 art. 13 comma 3: “Nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando, l’obbligo per gli enti locali di fornire l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, sono garantite attività di sostegno mediante l’assegnazione di docenti specializzati”.
Man mano che la legge è andata a regime nelle scuole è arrivato un numero rilevante di queste figure, che vengono assegnate dall’ASP, sulla base della Diagnosi Funzionale e del Profilo Dinamico Funzionale, per poi essere utilizzato nel Progetto Educativo Individualizzato per gli alunni diversabili.
Si tratta di operatori specializzati ad personam, che esercitano compiti di natura intellettuale per colmare le lacune dell’utente in ambito di autonomia e/o di comunicazione; garantendo, anche, la mediazione fra le diverse professionalità presenti in ambito scolastico, con l’obiettivo di amplificare le capacità del soggetto diversabile. Tale attività assume forme e connotazioni diverse in rapporto al tipo di utenza con cui ci si trova ad operare, con l’adozione di strategie, tecniche, tecnologie ed ausili ad hoc. In particolare, l’Assistente alla Comunicazione deve favorire la partecipazione attiva dell’utente alle attività della classe.
Per gli Assistenti all’Autonomia e alla Comunicazione, si possono individuare tre nuclei operativi :
Tra gli obiettivi generali vi sono:
Tra gli obiettivi specifici, ad esempio rispetto a un ragazzo con problematiche legate alla cecità o ipovisione, vi sono:
Il progetto educativo d egli Assistenti all’Autonomia e alla Comunicazione deve essere condiviso e interattivo, deve prevedere aggiustamenti in itinere, deve essere costruito coerentemente con ciò che viene fatto dalle altre figure che seguono il soggetto, anche in orari extra scolastici.
Continuità, collaborazione e condivisione, infine, devono caratterizzare il modus operandi.
Tutto chiaro? Purtroppo no. Manca, innanzitutto, una definizione univoca di queste figure. Gli Enti Locali, cui spetta la realizzazione dei servizi, si muovono, infatti, in modo autonomo seguendo dinamiche differenti, sia rispetto all’organizzazione del lavoro, che alla definizione di titoli e competenze degli Assistenti all’Autonomia e alla Comunicazione. Spesso, c’è anche una voluta confusione rispetto agli operatori igienico-personali. Una confusione generalizzata, che rende difficile cooperare correttamente all’interno delle scuole, sprecando, in parte, un’importante opportunità per utenti e famiglie.
Che fare? Se questa figura è ritenuta necessaria per sviluppare e consolidare le dinamiche dell’inclusione, occorre che il MIUR ne definisca conoscenze e competenze (percorso di studi e abilitazione) e si faccia carico (anche dal punto di vista amministrativo) della presenza degli Assistenti all’Autonomia e alla Comunicazione nelle scuole, non più in quanto operatori esterni, ma come dipendenti a tempo indeterminato.
Se questo è, in prospettiva, l’obiettivo da realizzare, nell’immediato occorre confrontare e coordinare le diverse esperienze presenti nel territorio nazionale per garantire condizioni di lavoro più dignitose per tutti gli operatori. Che sono o subordinati, con tutto ciò che ne consegue, alle cooperative che vincono gli appalti, o, quando lavorano individualmente, si trovano con condizioni contrattuali, sia dal punto di vista economico, che dei diritti (per primo quello alla malattia) che ricordano gli inizi del secolo scorso.
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