Miraggi previdenziali

Governo, sindacati compiacenti e padroni a caccia di iscritti per i fondi pensione

photo credits: Neil Moralee

Nonostante l’asfissiante propaganda che ormai da dieci anni Governi, sindacati concertativi e datori di lavoro fanno sulle mirabolanti (?) possibilità delle pensioni integrative ottenibili attraverso l’iscrizione ai fondi pensione negoziali (quelli previsti dai CCNL), i lavoratori italiani hanno saggiamente lasciato perdere.

Attualmente solo 2.591.196 lavoratori dipendenti (rispetto a un bacino potenziale di 17.310.000, un misero 26,9%) sono caduti nella trappola dei Fondi pensione contrattuali, da cui – ricordiamolo – una volta entrati non è più possibile uscire.

Per Cgil-Cisl-Uil e compagnia bella questa scarsa adesione è “un vero peccato, perché soprattutto i fondi chiusi (ovvero negoziali) sono una grande greppia che distribuisce poltrone, prebende, subappalti di gestione”, come ci ricorda Beppe Scienza.

E allora cosa ti inventano lorsignori per aumentare gli iscritti ai Fondi?

 

Fondi pensione obbligatori per Contratto nazionale

Negli ultimi anni numerosi rinnovi contrattuali hanno dirottato parte degli aumenti destinati ai lavoratori nelle tasche dei fondi pensione. Per tutti, pure per coloro che non vogliono aderire.

Il recentissimo contratto dei pubblici dipendenti delle cosiddette “Funzioni Centrali” (Ministeri, Agenzie fiscali, Enti Pubblici non economici, Enac, Cnel, ecc.) prevede di “incentivare le adesioni al fondo Perseo-Sirio” (succederà anche per il CCNL Scuola col fondo Espero?) e istituisce un Welfare integrativo a carico dei dipendenti, mentre il contratto degli autoferrotranvieri ha previsto trattenute coatte a favore del fondo Priamo, quello degli edili a favore di Prevedi, quello del settore ferroviario Anas a Eurofer. E via via contrattando. Insomma i sindacati firmatari di contratto pensano soprattutto ai loro interessi e al potere che deriva dalle poltrone dei consigli di amministrazione e non agli interessi e alla libertà di scelta dei lavoratori che dicono di rappresentare! Contro questi abusi stiamo anche verificando la possibilità di ricorrere in tribunale a sostegno dei lavoratori truffati.

 

Un nuovo silenzio-assenso

Insieme all’adesione coatta via contratto, la legge di stabilità per il 2018 (art. 1, comma 157, l. n. 205/2017) prevede anche che “nei confronti del personale … assunto successivamente alla data del 1° gennaio 2019 è demandata alle parti istitutive dei fondi di previdenza complementare la regolamentazione inerente alle modalità di espressione della volontà di adesione agli stessi, anche mediante forme di silenzio-assenso”. Sarà la riedizione del famigerato silenzio-assenso che combattemmo vittoriosamente nel 2007 quando sindacati concertativi e padronato cercarono di sfruttare il fattore tempo (6 mesi) per ingabbiare il maggior numero di lavori privati dentro i fondi pensione che gestiscono in combutta tra loro? Allora fu un flop di adesioni. Lo sarà anche questa volta, dopo 10 anni di crisi concordiamo addirittura con gli esperti di Mediobanca, che ritengono gli eventuali vantaggi troppo modesti a fronte dei rischi molto maggiori cui sono esposti i futuri pensionati.

 

Il miraggio di vantaggi: solo ipotesi

Bisogna tenere presente, per chi ancora lavora, che tutte le previsioni che vengono spacciate dai Fondi sui risultati ottenibili sono puramente ipotetiche: tutto dipenderà dal decorso delle dinamiche finanziarie fino al giorno della pensione. Tutto è affidato al caso, tutto il contrario della pre-videnza prevista dall’art. 38 della nostra Costituzione: I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria..

Comunque, nel frattempo i Fondi Pensione Negoziali, soprattutto quelli dei comparti garanzia et similia stanno andando al tracollo e non per un fatto momentaneo o estemporaneo.

I dati più recenti, pubblicati dal Sole 24 Ore all’inizio dell’anno, ci dicono che su 35 comparti “Garanzia”:

– 2 hanno rendimenti negativi: cioè stanno erodendo il capitale versato dagli iscritti;

– 30 hanno un rendimento inferiore al TFR;

– 3 hanno un rendimento di poco superiore al rendimento del TFR.

E a questi dati bisogna aggiungere anche i costi di gestione effettivi (attualmente arrivano anche all’1,4%) che però si conosceranno soltanto al momento della pensione integrativa, se ci sarà.

In particolare nel comparto Scuola, il Fondo Pensione Espero avrebbe un rendimento nell’ultimo anno a 0,99% mentre il TFR ha avuto un rendimento di 1,1% netto tasse e spese, reale.

La Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione – Covip, nella sua ultima relazione annuale, dava per il comparto “Garanzia” del Fondo Espero un rendimento dello 0,28% per l’anno 2016. Per il triennio precedente un rendimento complessivo dello 0,78% (rendimenti per eccesso visto quanto detto per i costi dei gestione). Nello stesso periodo, il TFR ha avuto un rendimento dell’1,5% nel 2016 e del 4,2 nel triennio precedente.