La scorsa primavera sono giunte due ottime notizie che riguardano la scuola e l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). L’OCSE fornisce studi economici per i 35 Stati membri, Paesi sviluppati aventi in comune un sistema di governo di tipo democratico e un’economia di mercato.
La prima notizia ci dice che ottanta tra docenti universitari, docenti e dirigenti di scuola, dislocati in varie parti del mondo hanno scritto al responsabile dei triennali quiz OCSE-PISA (Programme for International Student Assessment), per denunciare l’infestazione quizzarola che ha contagiato le scuole di ben 60 Paesi.
Gli estensori della lettera individuano svariati effetti negativi nell’uso delle indagini basate sui test:
I firmatari della lettera chiedono che:
Secondo gli ottanta docenti, il “regime PISA” (così lo chiamano) impoverisce le nostre classi, toglie autonomia ai docenti e alza il livello di stress di scuole già molto stressate. Nessun test, concludono, dovrebbe ignorare la situazione economica dei Paesi in cui viene somministrato: “Negli ultimi quindici anni, a partire dagli Stati Uniti, la disuguaglianza economica è cresciuta e questo ha fatto crescere il gap di istruzione tra ricchi e poveri”.
È proprio su questo argomento verte la seconda notizia che ci giunge dall’OCSE. Si tratta dell’ultima indagine PISA che ha rilevato i risultati scolastici degli alunni delle classi campione confrontandoli secondo la loro estrazione sociale. Ebbene nella scuola italiana gli alunni “svantaggiati” (con genitori con un livello di istruzione basso) hanno valutazioni non inferiori a gli “avvantaggiati” (con almeno un genitore laureato). E il risultato italiano è il migliore tra i 35 Stati aderenti all’OCSE. L’indagine dà anche un altro interessante risultato: confrontando i dati PISA, su alunni quindicenni, con quelli del PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) su persone di 25/27 anni, le differenze tra ricchi e poveri aumentano.
Fatta la tara alle indagini basate su compilazioni di prove a quiz su lingua madre e matematica, come abbiamo scritto molte volte in questo giornale, sembra credibile che la scuola italiana, nonostante ì numerose e devastanti cambiamenti subiti in questi ultimi decenni, abbia mantenuto – più che in altri Stati – una capacità di attenzione verso gli alunni più deboli dal punto di vista socio-culturale. Indubbiamente un residuo della cultura degli anni Sessanta e Settanta, insito in molti docenti e che chi ci governa vorrebbe spazzare via.
Stando ai dati PISA, la società italiana, invece, non ha mantenuto pari capacità inclusiva della scuola. E se pensiamo alle disastrose politiche sociali degli ultimi anni (precarizzazione e flessibilizzazione del lavoro, licenziamenti facilitati, innalzamento età pensionistica, restringimento del welfare ecc.) non c’è da stupirsene.
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