L’occhio clinico

Gli esorbitanti aumenti di certificazioni per DSA

photo credits: Bakhtiar Zein

A Genova – e in generale in tutta l’Italia nord-occidentale – si è assistito ad un aumento molto rapido dei certificati DSA (dislessici, disgrafici e discalculici), che danno delle agevolazioni al percorso didattico e possono essere diseducativi se effettivamente non è presente una patologia DSA. A Genova, le strutture pubbliche fanno attendere un anno, mentre danno rapidamente il certificato le strutture private a pagamento. Gli incrementi delle certificazioni DSA sono rilevanti per Genova: 10.919 unità (+ 39%) nella scuola media, 5.345 (+ 24%) nella scuola primaria e 8.547 (+ 54%) nelle superiori. Il dato inferiore della scuola primaria, si spiega anche col fatto che sino alla fine della seconda classe non è possibile determinare con esattezza l’esistenza di un DSA. L’incremento totale è di 24.811 unità (+ 37%) ed è maggiormente indicativo se si considera il decremento nel totale degli alunni iscritti. I dati sono aggiornati al 15 febbraio 2013 e sicuramente adesso sono di molto superiori. In alcune scuole si registrano percentuali maggiori del 20% sulla popolazione scolastica.

Ricordiamo che siamo di fronte a un disturbo neurologico che non si può guarire ma solo compensare, la scienza ancora studia e cerca risposte, ma non ha assolute certezze. La diagnosi è effettuata attraverso gli effetti e non le cause: si cerca con test psichici se è presente il disturbo che può essere causato da mille fattori, non solo neurologici ma anche psicologici e in alcuni casi, si tratta di simulazione. Bisogna fare un passo indietro su questa legge se non vogliamo creare una generazione di incapaci, insicuri, ignoranti e facilmente manovrabili. Come ha scritto Frank Furedi, professore di Sociologia: “Se l’attuale tendenza continua, presto ci sarà poca differenza tra una scuola e una clinica per malattie mentali … Se consideriamo le sfide della vita come un’esperienza cui i bambini non possono far fronte, i ragazzi raccoglieranno il messaggio e le considereranno con terrore.

Tuttavia, se la finiamo di giocare a fare il dottore e il paziente e aiutiamo invece i bambini a sviluppare la loro forza attraverso l’insegnamento creativo, allora i piccoli inizieranno a tener testa alle situazioni … Proteggere i bambini dalla pressione e dalle nuove esperienze rappresenta una mancanza di fiducia nel loro potenziale di sviluppo attraverso nuove sfide”. Ormai lo dicono tanti medici: molte diagnosi sono errate, si rischia di educare alunni contenti di una malattia che non hanno o di cui possono guarire. In realtà, come ha spiegato il professor Goussot “ci sono due tipi di dislessia: quella congenita-evolutiva, corrisponde a una disfunzione neurologica, la quale impedisce di tradurre fonemi in grafemi. C’è poi quella acquisita, che presenta le stesse difficoltà della prima, ma senza un deficit neurologico: questa è quella della gran parte dei DSA odierni. Ma, se la prima si può solo educare, perché convivrà con il soggetto per tutta la sua vita, la seconda deve essere educata, perché è spesso frutto di povertà di stimoli socio-culturali o traumi … o di essere emigrati. Non a caso, il grosso dei DSA è diagnosticato a bambini stranieri o affetti presumibilmente da Adhd. Il compito della scuola dovrebbe invece essere quello di distinguere la difficoltà dell’apprendimento dal disturbo; solo il primo è indice di dislessia congenita”. In conseguenza della legge 170, il corpo insegnanti è però bombardato da questo sguardo clinico – che osserva solo i sintomi – e ha abbandonato quello pedagogico, che invece cerca di comprendere le potenzialità del singolo nel suo processo di apprendimento. Nel 2010, per esempio, aveva fatto discutere il permesso che la legge garantiva alle scuole di richiedere lo screening per tutti i bambini che manifestavano un ritardo nella lettura o nel calcolo. “Gli adulti ultimamente sono troppo protettivi con i loro figli. Questo atteggiamento, però, non li fa crescere, e li lascia fragili e senza strumenti per affrontare qualunque difficoltà. Sembra anche strano che molte certificazioni siano effettuate durante il periodo della scuola secondaria. Considerato che proprio nel settore secondario lo studente con DSA ha diritto a dispense particolari e a ‘sconti’ sugli apprendimenti, forse occorre più rigore nella certificazione del disturbo per evitare che, per taluni, possa diventare un comodo strumento per giustificare risultati di apprendimento mediocri o negativi che hanno ben altre ragioni”.